Ma l’Europa vale davvero pochi spiccioli? E L’euro è davvero il segno tangibile dell’integrazione dell’Ue, come recita lo Statuto comunitario? Cominciamo dalla fine. L’affaire Grecia, nell’Eurozona, rappresenta un grosso, grasso problema pari… all’1% del Pil europeo e il 3% del suo debito totale. Quindi, come possono facilmente intuire anche degli studenti di terza elementare, si tratta di una questione economicamente marginale, ma ideologicamente significativa. Dunque, quando qualche benpensante, di fronte al Grexit, liquida la vicenda ideologica in poche parole e la riconduce solo ad una questione economica o è in cattiva fede o è un ingenuo. Nel dettaglio, numeri alla mano, il peso della Grecia nella Zona Euro è piccolo: con una popolazione di 11 milioni di persone e reddito pro-capite di circa 20 mila dollari, rappresenta oggi solo la decima economia della regione. Le banche europee, inoltre, hanno ridotto drasticamente la loro esposizione al debito greco (per la maggior parte detenuto dalla Banca centrale europea). Attualmente l’esposizione è di 5,3 miliardi di euro e rappresenta meno dell’ 0,2% del loro bilancio a livello aggregato. Tradotto: in termini puramente economici la crisi greca di fatto non avrebbe ripercussioni a livello sistemico.
Ecco perché non si può rispedire al mittente e trascurare la questione ideologica di fondo anche alla luce degli ultimi sviluppi. Il governo greco ha indetto un referendum per il 5 luglio per chiedere ai cittadini di valutare le recenti misure proposte dai creditori, uscendo dalla negoziazione. La risposta dell’Eurogruppo è stata secca. No alla richiesta di Tsipras di estendere di un mese l’attuale memorandum, in scadenza il 30 giugno. Di conseguenza la Grecia non otterrà i 7,2 miliardi di aiuti e, quindi, difficilmente sarà in grado di rimborsare il prestito di 1,6 miliardi di euro dell’Fmi (Fondo monetario internazionale).