Prima di andare avanti credo sia doveroso chiarire subito una cosa: io non sono di Milano, di Torino o di qualunque altro aggregato urbano sopra il Po’.
Io sono di Bologna.
Fino ai 19 anni (ovvero quando ho scelto di studiare a Padova, che col senno di poi… chi me lo ha fatto fare) io la pioggia la guardavo da sotto I portici, asciutta.
Il primo contatto con un ombrello l'ho avuto in vacanza a Parigi, nel lontano 2004.
Che barbaro popolo è uno che non solo si dimentica di inventare il bidè ma pure i portici?! (Coincidenze? Non credo)
Non so, ma a me pare che qui ci sia una netta e diversa modalità di percepire le temperature esterne. Al primo raggio di sole (poco importa se ci sono 10 gradi effettivi) scatta di default l’opzione bermuda e sandali, grande fortuna per le case farmaceutiche, che grazie a queste condizioni atmosferiche registrano il 100% dei propri guadagni da vendita di flucloxacillina.
Piccolo aneddoto per rendere meglio l’idea di cosa io intenda per tempo di merda: il 26 aprile in ufficio tutti erano estatici a guardare fuori dalla finestra.
Essendo che l’ultima volta che si era presentata una situazione simile erano tutti intenti ad osservare l’accoppiamento di due gabbiani, ho deciso di ignorare il tutto.
E invece no. Nevicava (nel caso vi fosse sfuggito lo ripeto, 26 aprile).