I diritti sessuali e riproduttivi – (ri)conosciuti, ma fino a che punto?

diritti sessuali

I diritti sessuali e riproduttivi, fondati sulla libertà delle donne di avere il controllo sul proprio corpo, sono stati riconosciuti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come parte integrante dello spettro dei diritti umani. Nonostante la disponibilità di contraccettivi sia aumentata nel tempo, ancora troppe donne nel mondo non hanno la possibilità di usufruirne e di compiere autonomamente le scelte riproduttive che le riguardano. Infatti, il mancato accesso a tali risorse impedisce alle donne di decidere riguardo il proprio corpo e la propria salute e se e quando rimanere incinta. Purtroppo, la mancanza di questa possibilità di scelta influenza frequentemente e in modo negativo il futuro delle donne sia in termini formativi che economici, portandole ad interrompere gli studi o a non avere completo accesso al mercato del lavoro.

Un momento di svolta per il riconoscimento dei diritti riproduttivi si è verificato nel 1994 alla “Conferenza Internazionale sulla popolazione e lo sviluppo” (ICPD) del Cairo. Il programma di azione stilato durante l’incontro ha sancito lo spostarsi dell’attenzione dei governi dalla pianificazione demografica alle esigenze riproduttive individuali, innescando una serie di cambiamenti. In particolare, si sono iniziati ad analizzare i fattori determinanti per le scelte e i comportamenti relativi all’uso di contraccettivi, ad educare la popolazione riguardo i benefici della prevenzione di gravidanze indesiderate in ambito sanitario, economico e sociale ed a sottolineare l’importanza di offrire una gamma esaustiva di metodi contraccettivi. Questa attenzione particolare per il diritto alla contraccezione non deve trarre in inganno: i diritti sessuali e riproduttivi comprendono anche la pianificazione familiare, la possibilità di evitare o curare infezioni sessualmente trasmissibili, il diritto ad un aborto legale e sicuro e l’accesso a un’assistenza sanitaria riproduttiva sufficiente ed adeguata, così come sottolineato durante la ICPD.

I diritti riproduttivi sono inoltre essenziali per uno sviluppo equo e per l’emancipazione femminile così come riconosciuto in alcuni degli Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs) che hanno sostituito gli Obiettivi di sviluppo del millennio (MDGs) portati a termine nel 2015. Nello specifico il terzo obiettivo (buona salute) include la mortalità materna ed infantile, l’HIV e la salute sessuale e riproduttiva, la quale viene poi richiamata anche nel quinto obiettivo (parità di genere) che annovera inoltre la violenza di genere e i diritti riproduttivi. L’inclusione di tali diritti nel quinto SDG, in cui purtroppo mancano i diritti sessuali, sottolinea come essi non saranno completamente raggiunti fino a quando l’uguaglianza di genere non sarà realizzata: il fenomeno della disparità di genere è ancora radicato in tutte le società e rappresenta un grande ostacolo per i programmi di sviluppo che i governi e le organizzazioni internazionali intraprendono da decenni. Molte donne infatti non hanno né gli strumenti per conoscere o comprendere a pieno i propri diritti e come poterli rivendicare né l’indipendenza e la forza di dire di no e poter scegliere quando rimanere incinta.

Nonostante dei traguardi siano stati sicuramente raggiunti nel riconoscimento dell’importanza dei diritti sessuali e riproduttivi, vi sono ancora oggi molte barriere che impediscono alle donne di prendere decisioni informate e consapevoli sulla riproduzione. Tali barriere non sono esclusivamente quelle istituzionali e legali comunemente discusse, come le carenze nei sistemi sanitari o le leggi che limitano l’accesso all’aborto e a metodi contraccettivi adeguati, ma anche quelle legate all’ignoranza. non solo della società, ma anche delle donne stesse. I sistemi scolastici infatti vedono spesso la completa assenza di corsi di educazione sessuale e, laddove presenti, i corsi sono quasi sempre incompleti e di bassa qualità, privando le ragazze delle conoscenze e capacità per affrontare la sessualità in sicurezza. Anche le barriere economiche non possono essere sottovalutate dato che possono determinare da un lato l’impossibilità di permettersi l’assistenza sanitaria necessaria, dall’altro l’impraticabilità di formare una famiglia date le lunghe ore di lavoro indispensabili per potersi mantenere in autonomia.

Rispetto al 1969 quando solo il 24% delle donne nel mondo utilizzava contraccettivi, oggi il 58% delle donne ne fa uso: nonostante ciò, la lotta per la diffusione di questi diritti e della libertà di scelta non giungerà al termine fino a che tutte le donne e le ragazze non avranno il potere e le possibilità di governare i propri corpi e fare scelte informate.

Eliana Rodolfi

Fonte:

Fondo delle Nazioni Unite per la Popolazione (UNFPA)State of World Population 2019, Unfinished Business: The Pursuit of Rights and Choices for All, (10 aprile 2019),  https://www.unfpa.org/