Distruggere arte per vendere arte. L’ISIS sembra conoscere bene alcune leve di marketing, e purtroppo le sta applicando diligentemente. In Iraq e in Siria il traffico di opere d’arte trafugate da alcuni dei più importanti siti archeologici medio-orientali sta raggiungendo proporzioni spaventose.
Intendiamoci, non è un fenomeno nuovo, e nemmeno peculiare all’avanzata dei guerriglieri dello Stato Islamico e del Levante. L’ISIS si è inserito in una tradizione presente localmente da decenni, l’ha sviluppata e sistematizzata, ed ora ne tira le fila con strumenti moderni.
Nelle ultime settimane diverse “antichità” di provenienza dubbia sono apparse online sui siti d’asta più popolari, come eBay. Molti oggetti di taglio minore, come monete, gioielli e ceramiche rubate dai musei e opportunisticamente risparmiate alla deriva iconoclasta passano di mano in mano a bande sempre più organizzate ed equipaggiate, per finire sui mercati turchi, londinesi, o generalmente online.
Il numero di artefatti interessati è talmente grande da averne fatto crollare i prezzi. I guerriglieri tagliano a pezzi le statue e le tavolette cuneiformi di maggior valore e le rivendono ai collezionisti di tutto il mondo. Capitalizzano le ottime conoscenze tecnologiche per arrivare direttamente ai collezionisti di tutto il mondo, saltando pericolosi (e costosi) passaggi di intermediazione. Non gestiscono il business direttamente, ma lo affidano a professionisti del settore, dietro il pagamento di una tassa del 20-50%, a seconda dei casi.
Le autorità internazionali faticano a contrastare il fenomeno. In Europa e negli Stati Uniti ci si affretta ad approvare nuove norme anti-contrabbando e si stanno organizzando operazioni congiunte dei servizi di intelligence per infiltrarsi nella “catena distributiva”.
I Monuments Men del XXI secolo sono formati da ONG specializzate e imparziali, come la spagnola Heritage for Peace, ma rischiano la vita ogni giorno. Il loro prezioso lavoro di catalogazione e salvaguardia delle opera ancora non trafugate è infatti di grosso intralcio per chi, e non solo ISIL, è sempre alla ricerca di nuove fonti di finanziamento.
Si è tentato anche di convincere qualche autorità religiosa musulmana a promulgare delle apposite fatwa che sensibilizzassero i gruppi ribelli sul tema della conservazione del patrimonio culturale. In pochi hanno raccolto l’appello. Dal 2011 solo in Siria si contano più di 200,000 vittime. Il sacrifico umano è intollerabile, quello culturale è imbarazzante.