Sono passate più di due settimane dalla chiusura della Cop 22 di Marrakech. L’evento che per 15 giorni accentra in un unico luogo tutti gli interessati al clima e al suo cambiamento è the place to be per chi è appassionato a questi temi. C’è da ammettere che l’impatto iniziale può essere un po’ disorientante: un tempo lunghissimo per fare l’accreditamento e la non sempre facile comprensione del “dove trovare” gli eventi che interessano. La Cop (che sta per Conference of the Parties) è un mix di proposte di vario genere organizzate dai Padiglioni dei paesi presenti, dalla società civile, dal mondo imprenditoriale o all’interno dell’UNFCCC (la Convezione Quadro sui cambiamenti climatici).
Ogni giorno, ogni ora e mezza, si ha la possibilità di ascoltare le associazioni che promuovono i diritti degli indigeni e raccontano i pericoli da cui sono minacciati; si possono sentire le proposte dell’International Energy Agency (la IEA) su cosa fare entro il 2020 per far sì che l’aumento della temperatura rimanga sotto i 2°C (così come definito a Parigi l’anno scorso); si può sentir raccontare della Blue Belt Initiative lanciata quest’anno dal Regno del Marocco e che vuole proteggere le coste di tutto il mondo promuovendo una pesca e un’acquacultura sostenibili; si può sentire da Cina e Stati Uniti come si siano sottoposti ad un processo di peer review sui loro sussidi alla fonti fossili (in pratica, dopo che nel 2009 i paesi del G20 si erano accordati per interromperli, alcuni di loro hanno permesso a team di esperti di visitarli e di avanzare proposte su come riformare ogni settore che li utilizza).
Tutto questo insieme al lancio di iniziative come la “Below 50”, dove imprese private coopereranno alla diffusione di sistemi a uso ridotto di petrolio nel settore dei trasporti. C’è veramente di tutto e di più e non potrebbe essere che così visto che il cambiamento climatico riguarda tutti i settori delle nostra economia. Si potrebbero tralasciare l’agricoltura e le foreste? L’aviazione e i trasporti marittimi? Certamente no.
In più, si è parlato tanto anche di migrazioni. Proprio in un evento organizzato al Padiglione Italia, una responsabile del World Food Program ha raccontato che negli ultimi 10 anni la metà dei loro interventi ha riguardato paesi vulnerabili a causa del cambiamento climatico. Sono stati spesi in totale 23 miliardi di dollari. E’ oramai evidente e risaputo che gli eventi climatici estremi sono causa o concausa dei conflitti in atto. La desertificazione è un problema grave e che in Africa interessa quelle zone da cui originano conflitti e flussi migratori.
Fonte: le tre immagini riportate sono state presentate da Grammenos Mastrojeni, del Ministero degli Affari Esteri, durante l’incontro “Live streaming: lo stato del negoziato alla COP22” Organizzato da Italian Climate Network a Marrakech durante la Cop22.
Questi e altri i temi di riflessione presentati alla Cop. Per non parlare poi degli interventi di professori noti come Nicholas Stern e Jeffrey Sachs o delle storie significative di alcuni stati americani sulle leve a loro disposizione per impostare le politiche climatiche che preferiscono. Di questo hanno parlato Stati come il Vermont, la California e (lo stato di) Washington. Tutti, per esempio, controllano le loro reti nazionali di trasporto dell’energia, possono definirne gli standard e la fuel intensity degli automezzi.
La Cop però non è solo questo: si sono tenuti infatti tutti gli incontri tecnici per la definizione delle regole che permettono il funzionamento dell’Accordo di Parigi siglato l’anno scorso (a Parigi). Lo scopo è quello di arrivare ad avere, nel 2018, un set di strumenti che permettono il controllo, la trasparenza e la verifica delle azioni promesse ed intraprese dagli Stati. Questi ultimi si sono detti tutti contenti del lavoro svolto su questi punti durante le due settimane dell’evento.
Infine, è innegabile che a volte possa sopraggiungere la domanda se tutti questi incontri e queste discussioni siano utili o una “perdita di tempo”. La risposta potrebbe essere positiva perché, per quanto a volte si ripetano concetti ovvi più per formalità che per altro e il nervosismo sale, si dà la possibilità a diversi attori di incontrarsi e di dare vita a nuove forme di collaborazione infra-statali o tra attori pubblici e privati. A questo proposito, oltre a quelle già presentate sopra, ricordo altre due iniziative molto importanti: la 2050 Pathway Platform, che aiuta gli Stati a definire i loro percorsi di decarbonizzazione al 2050 e la piattaforma per le comunità rurali e le popolazioni indigene.
Dopo un evento del genere l’augurio più grande non può che rimanere un maggior interventismo sul tema dei finanziamenti, il più critico. Ad oggi, gli sforzi dei paesi non sono ancora sufficienti (le risorse annue per l’adattamento sono lo 0,1% di quello che servirebbe).
La Cop è un momento unico che permette a tutti di informarsi, dar vita a nuovi network e convogliare le energie nella direzione di una società più equa, attenta e pronta alle sfide del cambiamento climatico. E’ fondamentale che ci sia, è fondamentale andarci ma funziona solamente se la serietà dei partecipanti resta alta e continua ogni volta con un maggiore impegno: ora infatti più che mai è giunto il tempo dell’azione visti i cambiamenti in corso, le urgenze dei finanziamenti e degli impegni di riduzione delle emissioni da concretizzare e aumentare.