L’Arabia Saudita Scommette Sul Nucleare: Lecito Investimento o Minaccia Globale?

The development of atomic energy is essential to meet the kingdom’s growing requirements for energy to generate electricity, produce desalinated water and reduce reliance on depleting hydrocarbon resources“.

Così si esprimeva un decreto della casa reale Saudita all’inizio del 2009. Da quel momento ha preso vita il più ambizioso programma al mondo nell’ambito del nucleare civile dopo quello cinese. L’Arabia Saudita costruirà nei prossimi vent’anni 16 reattori nucleari, il primo dei quali entrerà in funzione nel 2022, per un costo complessivo di più di 80 Mld$. Accordi di cooperazioni sono stati presi con i francesi di Areva e i giapponesi di Toshiba perché l’obiettivo degli sceicchi di Riyadh è ambizioso: ricoprire col nucleare circa il 15% del fabbisogno energetico nazionale in 10 anni, entro il 2032.

Le riserve di uranio dell’Arabia Saudita sono scarse, sarà quindi necessario comprare la materia prima all’estero. Ma perché il primo produttore al mondo di petrolio deve comprare uranio? Perché è affamato di energia e nonostante oggi l’Arabia Saudita estragga 11,5 milioni di barili al giorno, i consumi della popolazione, che ormai sfiora i 30 milioni di persone, sono saliti a 3m b/d (barrels/day). Una cifra enorme, che sottrae materia prima all’esportazione. Gli 8,5m di b/d esportati ogni giorno rappresentano l’80% del totale delle esportazioni e ben il 70% delle entrate statali. Il nucleare rappresenta quindi una preziosa alternativa per la generazione di energia elettrica.

Tuttavia la scelta intrapresa dai sauditi potrebbe avere anche un’altra spiegazione, come evidenziato dai politologi del Belfer Center for Science and International Affairs della Harvard University. Sull’esempio dell’Iran, il governo saudita starebbe fornendo alla comunità internazionale solo parte della verità. Preoccupato da vicini del Golfo agguerriti poco affidabili e dalla mancanza di un accordo definitivo sul nucleare tra Stati Uniti e Iran, l’Arabia Saudita sarebbe sul punto di costruire un impianto per l’arricchimento dell’uranio.

Una decisione che, se fosse vera, non farebbe altro che aumentare le tensioni nell’area mediorientale, dove è bene ricordare Iran e Israele dispongono già delle tecnologie necessarie alla fabbricazione di un ordigno nucleare. I pericoli vengono non solo dall’esterno, ma anche dall’interno. Le primavere arabe hanno soltanto sfiorato il paese, ma hanno dato l’esempio a una popolazione povera, tenuta a bada con generose politiche pubbliche. Inoltre, le 13 province che costituiscono il regno sono sotto l’influsso di diverse tribù, veri e propri gruppi di potere con i quali la monarchia centrale deve stringere accordi per mantenere la stabilità interna del paese.

Per evitare altri casi simili a Iran, Nord Corea e Pakistan, la comunità internazionale dovrebbe convincere i sauditi a ratificare il Protocollo Aggiuntivo del Trattato di Non Proliferazione Nucleare del 1997 e concludere accordi di “Safeguards Agreement” con l’Agenzia Internazionale dell’Energia. Questa è la speranza del Belfer Center per un Medio Oriente libero da armi nucleari, ma libero anche di puntare sull’atomo per il suo futuro approvvigionamento energetico. Con una crescita dei consumi di circa l’8% annuo nel 2032 l’Arabia Saudita dovrà produrre 120 GWe di energie elettrica: 18 di questi saranno coperti dal nucleare. Un risparmio di combustibili fossili che consentirebbe agli sceicchi di continuare ad esportare massicciamente.