Il mito del mercato del lavoro tedesco perde pezzi. Dopo il riconoscimento che la competitività tedesca è frutto di svalutazione salariale, maggior precarizzazione e di conseguenza un aumento vertiginoso dei lavoratori poveri, un altro pezzo dell’affresco sta mostrando le prime crepe e rischia il crollo.
Con la sempre maggior integrazione del mercato interno europeo, sempre più aziende tedesche infatti stanno abbandonando la “cogestione”, la presenza dei sindacati nei consigli di sorveglianza delle aziende, mantra spesso idolatrato dalla sinistra nostrana che però in passato è stato l’habitat ideale di molti scandali di corruzione.
Dalle minacce di scioperi alla cogestione
Le prime radici della cogestione nascono in Germania nel 1951. A fronte di minacce di scioperi nel settore siderurgico e metallurgico, la cogestione entrò effettivamente nei regolamenti dei consigli di sorveglianza delle industrie minerarie e siderurgiche. Questa pratica era volta a stabilire, nelle imprese con più di 1000 dipendenti, sia una suddivisione paritaria dei seggi tra azionisti e rappresentanti dei lavoratori, sia la nomina del responsabile delle risorse umane all’interno dell’azienda.
La pratica della cogestione si allarga a livello nazionale e in tutti gli ambiti industriali nel 1952 con il “German Works Constitution Act”, che destinava un terzo dei seggi del consiglio di sorveglianza ai rappresentanti dei lavoratori. L’ultima versione della cogestione, nella forma che conosciamo oggi, venne ratificata nel 1976 e stabilisce la parità dei seggi fra azionisti e rappresentanti dei lavoratori nelle aziende con più di 2000 dipendenti.