Aeroporti bloccati e migliaia di persone per le strade a protestare. Sembra proprio che il Presidente Trump abbia colpito ancora. Dopo l’ordine esecutivo per ridurre i fondi dell’aborto, è stato ufficializzato il divieto di accesso negli USA ai viaggiatori da Iran, Iraq, Libia, Somalia, Sudan, Siria e Yemen per 90 giorni. È stato anche sospeso il programma dei rifugiati americani per 120 giorni.
La nuova trovata di Trump è stata soprannominata Muslim Ban.
Afferma il Presidente, mentre domanda al Pentagono e al Dipartimento di Stato di creare una zona sicura dentro e intorno alla Siria per proteggere i siriani in fuga dalla guerra.
Più nel dettaglio, l’ordine presidenziale si articola in cinque punti:
- Divieto di ingresso negli Usa di 90 giorni per i cittadini provenienti dai sette Paesi a maggioranza musulmana, con alcune eccezioni per i diplomatici dell’Onu.
- Il Ministero dell’Interno, il Dipartimento di Stato e National Intelligence devono fare fronte comune per decidere quali informazioni sono necessarie per stabilire se una persona possa rappresentare una minaccia per la sicurezza nazionale.
- Screening più pressanti per gli immigrati: interviste, indagini, database più ampi.
- Blocco del Visa Interview Waiver Program, che permette agli uffici consolari di evitare le interviste per il rinnovo del visto entro l’anno di scadenza.
- Quattro mesi di divieto d’ingresso per tutti i rifugiati, per studiare una nuova procedura di controllo. L’obiettivo è favorire le comunità cristiane represse.
Gli effetti sono stati immediati: ad alcuni cittadini in possesso di green card (visto permanente di residenza negli Stati Uniti della validità di dieci anni) è stato impedito l’imbarco su voli diretti sul suolo americano. Tra questi anche 187 dipendenti Google, che al momento si trovano in viaggio, sono stati invitati a rientrare immediatamente prima che scatti l’ordine presidenziale.
Non c’è da meravigliarsi di fronte alla reazione delle multinazionali, globalizzate e preoccupate per il destino dei loro lavoratori. Oltre Google, anche Facebook, Airbnb, Lyft – principale competitor di Uber- e Starbucks si sono attivate per andare incontro ai cittadini americani travolti dal Muslim Ban.
Mark Zuckerberg afferma in un post
Ancora, il CEO di Airbnb Brian Chesky annuncia su Twitter la decisione di offrire gratuitamente alloggio ai rifugiati e a tutti i cittadini respinti dagli Stati Uniti.
Lyft, dal canto suo, ha donato un milione di dollari all’American Civil Liberties Union, un’associazione per la difesa dei diritti civili che sta cercando di contrastare il Muslim Ban in tribunale.
Infine, il fondatore di Starbucks Howard Schultz ha comunicato la disponibilità ad assumere 10 mila rifugiati in tutto il mondo entro i prossimi cinque anni. Infatti, è di domenica 29 gennaio la lettera di Shultz ai suoi dipendenti, nella quale si specificava che il programma di assunzioni sarà esteso a livello mondiale e per gli Stati Uniti si concentrerà sugli immigrati
La lettera, inoltre, ha reagito sulla questione del “Prison Wall”, il muro che Trump vuole costruire al confine con il Messico. In questo Paese, Staurbucks conta 600 caffetterie e 7 mila dipendenti: perciò si è rivolto anche ai coltivatori di caffè messicani per confortarli sull’assicurazione sanitaria, garantita dall’azienda agli aventi diritto se l’Obamacare dovesse essere abrogata.
Il carteggio tra il CEO di Starbucks e i suoi dipendenti si conclude con una frase empatica quanto speranzosa: