Leva Obbligatoria, Inutile Oltre che Costosa

Leva Obbligatoria

Dalla Pinotti a Matteo Salvini, ogni tot qualche esponente della politica o delle istituzioni propone il suo ritorno. Vuoi come soluzione all’idea che la nostra sia una gioventù bruciata, vuoi per motivi di prestigio nazionale, l’idea di ripristinare il servizio militare obbligatorio nel bel paese, portando alla ribalta un dibattito che sembrava essersi concluso l’anno 2004 con quella legge n. 226 che portò de facto al congelamento della leva. Per ultima è stata avanzata pochi giorni fa una proposta della Lega Nord volta al ripristino di otto mesi di leva sia per uomini che donne dai 18 ai 28 anni di età.

Una disamina di tale proposta non può che partire dal considerare innanzitutto quanto la naja abbia inciso sulle casse dello Stato (quindi, in fin dei conti, ai cittadini) nel periodo in cui era in vigore, e fare un’eventuale previsione su quanto potrebbe costare oggi, con la differenza non da poco che l’andamento dell’economia italiana è tutt’altro che favorevole. Certamente è doveroso mantenere le nostre Forze Armate, ma non credo sia necessario sottolineare troppo la differenza tra il provvedere al sostentamento di un esercito di professionisti e il mantenerne uno di leva, e cosa questo comporterebbe non solo per le finanze pubbliche, ma anche per i già scarsi fondi destinati all’esercito italiano, i quali dovrebbero venire spalmati per coprire le spese di addestramento di un numero ben maggiore di reclute. Dato il quadro generale, la via militare al default non potrebbe essere più lineare. Al di là dell’aspetto economico, ulteriori considerazioni a sfavore della leva si possono tranquillamente trovare nell’osservazione di com’era il servizio militare obbligatorio negli anni in cui sussisteva, riferendosi in particolar modo al fatto che spesso i coscritti non venivano adeguatamente addestrati, ma semplicemente utilizzati come manovalanza per il mantenimento di strutture in cui venivano distribuiti. Si considerino inoltre i casi mediamente diffusi di nonnismo anche gravi (che spesso raggiungevano livelli di sadismo estremamente sordidi, il tutto condito da un clima di omertà diffusa), il fatto che dalle liste di leva non venissero esclusi (come il semplice buonsenso dovrebbe imporre) coloro che avevano dei precedenti penali, e che sottraesse forzosamente, anche in periodi in cui il paese non era minacciato, studenti e lavoratori dai loro incarichi, con tutte le ricadute negative sugli studi e sulla vita professionale che questo comportava. Alcuni sottolineano il fatto che la vita militare potrebbe comportare un netto miglioramento nelle condizioni comportamentali dei giovani italiani, ma salvo rari casi bisogna tenere conto che se la famiglia e la scuola, la cui presenza è altrimenti pervasiva rispetto al servizio militare, hanno fallito nel loro intento educativo difficilmente ci riusciranno quegli otto mesi di naja.

Oltre a ciò, delle considerazioni di carattere storico e tecnico si impongono: la nostra non è più (e non lo è da parecchio) l’epoca delle nazioni in armi, degli eserciti di massa e della assoluta necessità di avere il maggior numero possibile di effettivi a disposizione. Nell’era della tecnologia stealth, dei droni pilotati a distanza e dell’elevata professionalizzazione delle Forze Armate mettere sotto le armi più di centomila uomini risulterebbe essere di gran lunga un danno, rispetto che una risorsa, per il nostro esercito. Di ben altra efficacia sarebbe invece aumentare i fondi destinati alla difesa, la cui scarsità (lesiva anche da un semplice punto di vista morale per le nostre Forze Armate) è tristemente nota.

Certamente tali considerazioni non tolgono il fatto che, in caso di forti tensioni internazionali o di minacce reali per il nostro paese, la leva possa essere ripristinata laddove ciò risultasse efficace per far fronte a tale situazione, senza però dimenticare che si tratterebbe di una circostanza fuori dall’ordinario destinata a eclissarsi al ritorno della normalità. E soprattutto, senza dimenticare che, fortunatamente, non è assolutamente il caso dell’Italia del 2017.