Secondo una nuova ricerca rilasciata in questi giorni dall’Australia and New Zealand Banking Group (ANZ) risulta che solamente durante il mese di marzo i mercati emergenti asiatici abbiano registrato un picco di 15.3 miliardi di dollari in capitali stranieri. Questo si può considerare come il più grande aumento mensile a partire dalla metà dell’anno scorso.
Come dimostra il seguente grafico dell’ANZ, il dollaro continua ad essere debole rispetto alle valute dell’Asia, un fattore che ha contribuito ad una più veloce ripresa economica delle regioni in via di sviluppo. Infatti, come risulta dall’immagine, laddove il dollaro tende a muoversi contrariamente dell’altra parte si posizionano i flussi capitali.
Gli afflussi riportati a marzo non sono stati solamente causati dal ricalcolo del “Trump Trade”, ossia tutto ciò che è successo appena dopo le elezioni di Donald Trump come presidente degli Stati Uniti tra cui per esempio l’aumento del potere d’acquisto del dollaro americano o i rendimenti delle obbligazioni più alti, ma anche grazie alle ottimistiche prospettive economiche delle regioni asiatiche in via di sviluppo.
Come afferma infatti Khoon Goh, responsabile di questa ricerca sul mercato asiatico da parte dell’ANZ:
In relazione a questa visione del tutto ottimistica, gli investitori hanno chiaramente favorito tutte queste attività di crescita portando così un flusso totale netto di circa 12.4 miliardi di dollari. La tabella sottostante mostra il flusso dei capitali stranieri nei mercati emergenti nel corso degli ultimi sei mesi.
Dal grafico emerge che gran parte dei mercati ha registrato questi flussi. Tutti tranne quello delle Filippine e la Malesia che ha visto la vendita di 5.9 miliardi di dollari netti. Questo molto probabilmente è in risposta ad un inasprimento avviato dalla Bank Negara Malaysia, la banca centrale della nazione. Al contrario invece l’India ha registrato un aumento a 9.1 miliardi di dollari, il più grande mai segnalato in un mese.
Come afferma Goh: