I cinque casi recenti di decesso durante il parto hanno acceso nuovamente la discussione intorno alla sicurezza sanitaria in Italia. Ma esiste davvero un’emergenza di questo tipo? Guardando i singoli casi e i dati recenti sembrerebbe proprio di no. Andiamo con ordine. I cinque decessi sono avvenuti in diverse regioni di Italia (da escludere quindi la malasanità locale) ed hanno coinvolto donne di età diverse (dai 23 anni ai 39 anni) alcune delle quali avevano già avuto in passato gravidanze pienamente riuscite.
Nessuna emergenza
Anche i dati, resi noti all’Ansa da Serena Donati, responsabile del Sistema sorveglianza mortalità materna dell’Istituto superiore di sanità (Iss), confermano che di emergenza non si tratta: “Ogni anno si stima che circa 50 donne muoiano di parto in Italia, un dato medio-basso se confrontato con altri Paesi europei ma che potrebbe essere dimezzato, anche se non azzerato”.
“In Italia – prosegue la dirigente dell’Iss – abbiamo un tasso medio basso di mortalità materna, pari a 10 morti su 100.000 nati vivi, cifra che in Toscana scende a 5 ogni 100.000 e in Campania sale a 13, ma complessivamente siamo in media con Regno Unito e Francia. Nei Paesi socialmente avanzati la media è di 20 su 100.000, mentre il dato migliore è quello dei Paesi Bassi con sei ogni centomila”.
Il rischio esiste
Certo il rischio esiste. “Il rischio di mortalità materna – sottolinea Donati – è quasi tre volte superiore nelle donne sopra i 35 anni rispetto alle più giovani, oltre due volte nelle donne di istruzione bassa e tra quelle che si sono sottoposte a taglio cesareo rispetto al parto spontaneo. Le morti rilevate a seguito di gravidanze indotte mediante procreazione assistita mettono in luce l’importanza di un’appropriata selezione delle donne che possono accedere a tali tecniche per quanto riguarda la variabilità tra le regioni, si registrano esiti migliori al Nord rispetto al Sud del Paese come accade anche per la mortalità neonatale”.
Cosa va migliorato?
Alcuni aspetti vanno migliorati. Lo afferma a Radio Cusano Campus, il dott. Antonio Cartabellotta, presidente della fondazione Gimbe. “Questi casi concentrati tutti in un periodo dell’anno così breve, meritano sicuramente attenzione e un approfondimento tecnico, come il ministro ha già predisposto. La casualità è sicuramente un elemento di cui tenere conto, ma bisogna anche sottolineare due cose strane. La prima è che in Italia esistono troppi punti nascita poco sicuri. I punti nascita sotto i 500 parti l’anno dovrebbero essere chiusi o riconvertiti con modalità adeguate. Il secondo eccesso è quello dei parti cesarei, che sono ancora troppi rispetto alla media europea. Queste situazioni sono sicuramente predisponenti eventi sfavorevoli come quelli capitati in questi giorni. Bisognerà vedere quanto il processo assistenziale sia stato adeguato”.