Un orto urbano è uno spazio verde, solitamente di proprietà comunale e di dimensioni più o meno ampie, la cui gestione è affidata ai cittadini per un periodo di tempo definito.
Coltivatori, tipicamente non professionisti, ricevono in concessione questi spazi per scopi diversi, primo fra tutti quello relativo alla produzione di fiori, frutta e ortaggi per i propri bisogni.
Sebbene possa trovarsi potenzialmente ovunque all’interno dell’area cittadina, molto spesso un orto urbano si trova in zone periferiche. Lì dove è più facile per il Comune concedere, attraverso l’emissione di bandi e dietro il pagamento di un affitto, la gestione di questi appezzamenti di terreno lasciati altrimenti nel degrado che talvolta caratterizza queste aree meno considerate delle nostre città. Promuovere la proliferazione degli orti urbani nelle città italiane è infatti anzitutto una scelta urbanistica, che vincola un suolo altrimenti destinato a cadere, prima o poi, nelle dinamiche della speculazione edilizia. Sono uno strumento per avvicinare la cittadinanza all’amministrazione, contribuendo la crescita delle relazioni sociali delle comunità urbane, dal centro alla periferia.
I vantaggi che una città può trarre dalla presenza di orti urbani sono diversi. Iniziative del genere possano essere di aiuto alle generazioni più giovani, sensibilizzandole verso l’idea di una città più sostenibile e più green ed anche a quelle meno giovani che attraverso gli orti hanno la possibilità di fare attività fisica all’aria aperta producendo allo stesso tempo alimenti senza l’uso di sostanze chimiche e pesticidi.
Altro motivo per scegliere di dedicarsi attivamente al verde urbano è di natura economica. È innegabile, infatti, che l’orto urbano sia anche una risposta a situazioni di crisi: uno spazio da cui partire verso nuove iniziative economiche e commerciali. Un traino sia per le economie domestiche che per i bilanci dei comuni.
Ma com’è la situazione in Italia?
Se nel 2011 era possibile assistere e partecipare a simili iniziative solo nelle grandi città e in piccoli spazi sperimentali, secondo l’ultima indagine Istat, siamo passati da 1,1 a 3,3 milioni di metri quadrati di spazi verdi, luoghi destinati alla semina di frutta e ortaggi, assegnati in comodato a gruppi di cittadini.
Una recente ricerca pubblicata dalla Coldiretti in collaborazione con il Censis riporta che quasi la metà degli italiani (il 46,2 per cento) coltiva spazi verdi sui balconi e nei giardini. E di questi, il 25,6 per cento lo fanno per la voglia di mangiare prodotti sani e genuini, il 10 per cento per passione e il 5 per cento per risparmiare. Numeri ben più importanti rispetto al passato, che rendono l’idea di quanto il fenomeno stia guadagnando lo spazio che merita con una presenza più o meno omogenea in tutto il territorio Italiano.
Al di fuori del contesto cittadino l’utilizzo degli orti urbani può fare in modo che si possa coltivare sui tetti dove l’acqua e la terra sono scarsi.
Nell’ambito del progetto “Social Water”, finanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo, da fine gennaio è iniziata la realizzazione, grazie alla missione dei consulenti dell’Università di Bologna, di orti urbani in cinque aree nel Campo Profughi di Rafah nella Striscia di Gaza. Gli interventi sono stati realizzati sui tetti di quattro scuole e sul tetto del Women Center locale.
Gli orti delle scuole utilizzeranno l’acqua proveniente dai sistemi di raccolta dell’acqua piovana costruiti tra dicembre 2017 e gennaio 2018 nell’ambito dello stesso progetto. Gli orti realizzati invece sul tetto del Women Center servono alla produzione alimentare privata delle donne e delle proprie famiglie e a stimolare alcune attività volte alla generazione di reddito.
L’intervento degli esperti italiani, ha previsto la formazione di operatori locali sulla realizzazione di orti urbani “fuori suolo”.
Le tecniche proposte rappresentano strategie di autoproduzione alimentare a basso costo, facili da gestire e ad alta resa ed efficienza anche in contesti di scarsità d’acqua o di terreno disponibile: tutti i sistemi usati sono a circuito chiuso, il che assicura una migliore gestione idrica, risparmiando l’80% dell’acqua in confronto con tradizionali sistemi di coltivazione in suolo. Tali sistemi sono pensati per essere replicabili anche a livello domestico poiché bastano pochi materiali facilmente reperibili anche di recupero e dal costo estremamente contenuto.
Negli orti urbani si coltivano la bellezza dei luoghi, buone pratiche, nuove idee in nome della sostenibilità, della coesione sociale e di una migliore qualità della vita per tutti. Il successo e la diffusione degli Orti Urbani può rappresentare le conferma di quelle che possono essere tra le principali tendenze alimentari della società moderna: massima attenzione per la qualità del cibo, più cura per l’ambiente a partire dal proprio territorio ed una riduzione oculata e razionale dei costi del budget familiare.
Mattia Agrimano