Non sono eroi, eppure fanno la loro parte per salvare il pianeta. Anonimi e silenziosi, sono i custodi della diversità e delle tradizioni. Si chiamano seed savers e sono sempre di più, giorno dopo giorno. Agricoltori o semplici amanti della Natura, i seed savers sono uomini e donne che decidono di salvaguardare e trasmettere ai posteri un patrimonio dimenticato e che altrimenti andrebbe perduto.
Seed saving è la pratica consistente nel raccogliere e conservare le sementi di specie a rischio di estinzione. Non si tratta di un’attività particolarmente complicata: i seed savers, infatti, sono per la maggior parte uomini e donne che coltivano in privato varietà di piante da fiore e da frutto oggi archiviate e sconosciute ai più. Secondo Coldiretti, dal 1990 le specie antiche – questo il nome con cui sono indicate le varietà che non vengono più coltivate – finite nel dimenticatoio e scomparse dal mercato agroalimentare sono moltissime: oltre il 75% della diversità genetica esistente. Una perdita non da poco: tutt’altro. Senza pensare poi ai connessi, mancati profitti: il mercato delle specie antiche potrebbe infatti valere circa 11 miliardi di euro (Coldiretti). Complice la legge di mercato, che seleziona come vincente – e dunque come degna di accaparrarsi il primato della produzione – la domanda più alta (e scarta senza pietà seconde e terze scelte), sono moltissimi i prodotti agroalimentari che nel corso degli ultimi anni sono andati persi.
La scomparsa di varietà di frutta, verdura e fiori, in gergo si chiama erosione genetica. A pensarci viene un po’ di malinconia, ma è proprio così: la diversificazione biologica di un tempo non esiste più. Nel mondo, per esempio, esistono quasi 3’000 diversi tipi di mela, di cui più di un centinaio di origine italiana. Eppure, sui banchi di frutta e verdura, le varietà sono sempre le stesse e poche più di una decina. Basti pensare che il 70% della produzione del Trentino è occupata dalla mela Golden, che tuttavia ha origini americane. Oppure quel che resta delle 30 varietà italiane di cocomero: oggi ne rimane solo una. Ed è proprio qui che entrano in gioco i seed savers: grazie al loro lavoro di scambio e conservazione di sementi antiche, nonostante nel mercato dominino alcuni specifici prodotti, è possibile gustare ancora le specie rare di un tempo. Prelibatezze rare, come il broccolo di Sicilia, i kaki e le pere coscia.
Il seed saving è un’attività che si sta sempre più diffondendo ed è supportata da personaggi di spicco (tra cui anche Vandana Shiva, famosa attivista indiana che combatte da anni OGM e globalizzazione) in tutto il mondo. Le associazioni che sostengono il seed saving sono moltissime: dall’Irish Seed Saver Association alla canadese Seed of Diversity. In Italia, poi, in collaborazione con il FAI, è stata istituita Frutti Antichi, una rassegna annuale di piante, frutti e fiori dimenticati, che ha l’obiettivo di educare all’ambiente ed alla specie antiche, per riportarle alla luce e preservarne il patrimonio genetico. I semi, infatti, non hanno prezzo e possono essere scambiati e donati liberamente. Essere seed saver significa conservare e promuovere la biodiversità, salvando dall’estinzione decine di centinaia di varietà. Lo sforzo è minimo, il risultato è strabiliante. E incredibilmente gustoso.