La transizione da un ambiente lavorativo “compartimentalizzato” verso le decisamente più moderne e condivise strutture “open space”, un fenomeno in rapida crescita tra le imprese nelle ultime decadi, sembra, nella maggior parte dei casi, non condurre ai risultati che la soluzione sembrava inizialmente promettere. Riduzione dei costi operativi, risparmio di spazio, semplificazione dei rapporti comunicativi ed aumento delle pratiche collaborative tra i dipendenti costituiscono tutti vantaggi fittizi quando l’acustica dell’ufficio si tramuta ben presto in quell’indistinto brusio di conversazioni, più o meno inerenti all’attività lavorativa, e gli spazi di privacy vengono drasticamente ridotti.
A riportarlo è una recente indagine condotta dal Berkeley’s Center for the Built Environment. Secondo la ricerca, un impiegato su due, proprio a causa delle mancate condizioni di quiete, trova sconveniente dover lavorare in un contesto professionale condiviso. A parziale risoluzione del problema, coscienti dell’importanza della questione, molti datori di lavoro hanno così iniziato negli ultimi tempi a trasmettere in filodiffusione negli uffici nastri in white noise, così da ridurre le distrazioni, incrementare la concentrazione, ed eliminare gli spiacevoli inconvenienti derivanti dal dover assistere agli ilari racconti del vostro compagno di scrivania.