Può la Sostenibilità Essere di Moda?

Che cos’è il Fast fashion? Il fast fashion non è un nuovo fenomeno, ma è cresciuto ad un ritmo tale da compromettere le pratiche ambientali sostenibili

Che cos’è il Fast fashion? Il fast fashion non è un nuovo fenomeno, ma è cresciuto ad un ritmo tale da compromettere le pratiche ambientali sostenibili. E’ sicuramente un fenomeno che ha rivoluzionato l’industria dell’abbigliamento negli ultimi decenni: i cambiamenti nel comportamento dei consumatori e la produzione low-cost hanno dato avvio ad una cultura di acquisti impulsivi, dove nuovi stili sono disponibili al consumatore medio ogni settimana. Il fast fashion riconosce l’insaziabile domanda dei consumatori per “ciò che è nuovo” e l’esistenza di un numero sempre maggiore di stagioni della moda lo dimostra. Basti pensare che Zara offre mediamente 24 collezioni ogni anno e H&M circa 12, aggiornandole settimanalmente. Il risultato è che abbiamo nei nostri armadi circa il 400% dei vestiti in più rispetto a quelli che avevamo negli anni ’80, gettiamo via 14 milioni di tonnellate di vestiti ogni anno, l’equivalente di 95 euro a persona.

Dal momento che i cicli della moda sono diventati sempre più brevi, l’industria del fashion ha adottato tecniche di produzione poco sostenibili per tenersi al passo con la domanda e i margini di profitto crescenti. Se da un lato i consumatori si stanno dimostrando sempre più ethical conscious, sensibili rispetto alle tematiche ambientali, dall’altro le attitudini non si trasformano in azioni. In generale, le attitudini del fashion consumer verso la sostenibilità negli acquisti è determinata dal livello generale di benessere sociale e ambientale, il modo in cui la moda sostenibile viene percepita e il comportamento in termini di consumo etico. E  quando la moda è vista come qualcosa di vitale per la propria identità le questioni ambientali e sociali passano in secondo piano.

Per mitigare l’impatto sostenibile del fast fashion, occorre senza ombra di dubbio un’azione congiunta all’interno del settore. Alcune aziende di abbigliamento hanno formato vere e proprie coalizioni per affrontare insieme le sfide sociali e ambientali.

Ecco alcuni pratiche adottate all’interno dell’industria per mitigare i rischi connessi al fast fashion.

Ri-uso o riciclo

Marchi come H&M e Levis sono note per la promozione di una campagna per il riciclo di abiti. H&M, che ha intrapreso questa campagna nel 2013, incoraggia i consumatori a consegnare presso ogni punto vendita, ogni abito non più desiderato di qualsiasi marca, in qualsiasi condizione, in cambio di un buono spesa.

Sviluppo e utilizzo di materiali sostenibili

Il cotone rappresenta il 30% di tutto il consumo delle fibre tessili. È un materiale che richiede molta acqua, pesticidi e fertilizzanti. Si stima che produrre un kilogrammo di cotone genera 23 kilogrammi di gas serra. Passare a materiali sostenibili come cotone organico, canapa, bambù, poliestere riciclato permette di diminuire l’impatto ambientale. 

Stabilire standard ambientali e lavorativi più alti

Ciò significa rendere più trasparenti i meccanismi di approvvigionamento, dotare i fornitori di linee guida per rispetto degli standard ambientali e per utilizzare energia e risorse in maniera più efficiente.

L’importanza del brand

Più il brand è conosciuto, maggiori sono le probabilità che il consumatore sia incoraggiato ad adottare un comportamento più sostenibile. In questo modo, i consumatori diventano più consapevoli del ciclo di vita un capo e i connessi costi sociali e ambientali.

Produzione on demand

È l’approccio adottato da un’azienda inglese dal nome Unmade. Unmade ha adottato una strategia di produzione sostenibile, riducendo al minimo il magazzino ed evitando così il problema dell’overpurchase e di conseguenza gli sprechi.

Numerose altre pratiche potrebbero essere messe in atto, in risposta al bisogno di introdurre pratiche più sostenibili all’interno del settore della moda.

Come il concetto dello slow food (cibo organico e a kilometro zero) ha preso piede, anche lo slow fashion può soddisfare i desideri etici ed estetici dei consumatori. Un nuovo mantra dovrebbe andare ad aggiungersi al riduci, riusa e ricicla: maggiore qualità e minore quantità.

 

Arianna Gigliuto