Altra assenza significativa è quella di Jovanotti, un po’ perché la sesta Leopolda ha lo stesso titolo di un suo brano (e anche di un romanzo di Saint-Exupéry), un po’ perché viene invitato dalla prima edizione e dalla prima edizione non si presenta. Un corteggiamento a vuoto che non frena l’entusiasmo di Renzi, che in mancanza del virtuosismo lessicale del cantautore si lancia in vibranti giochi di parole.
A quelli che criticano l’assenza di simboli del partito risponde “noi la bandiera ce l’abbiamo tatuata nel cuore”. Che fa più curva sud che ideologia politica ma ok. Si passa poi all’autoproclamazione illuminista: “partito della nazione? No, della ragione”, dopo la quale immagino facilmente Voltaire e Rousseau praticarsi harakiri dalle rispettive tombe. La mancanza di Jovanotti si espleta poi in un eccesso di pensopositivismo, che porta il premier a lanciarsi in un “se andassimo a votare oggi vinceremmo al primo turno”, periodo ipotetico del secondo tipo a tratti tendente al terzo, seguito da una citazione di Padoan secondo cui “il nostro sistema bancario è più solido di quello tedesco”, che al momento andrebbe alla grande se solo al posto di sistema bancario ci fosse motore diesel.
Tocca poi un riferimento struggente al proprio padre, che “trascorrerà il secondo natale da indagato” per bancarotta fraudolenta, e uno a quello della Boschi, per il quale“non sono previste leggine” né favoritismi di sorta, ma solo un ingresso tardivo e un po’ in sordina della figlia (nonché madrina del raduno), che arriva il secondo giorno proprio come il firmamento nella genesi. E altrettanto eterea, per non dire impalpabile, per non dire muta, soprattutto in merito ai suoi cinquemila concittadini rovinati dai prodotti finanziari di Banca Boschi-Etruria.
Il clima è fintamente disteso, immotivatamente concitato, inspiegabilmente esaltato. È il momento di snocciolare le innumerevoli conquiste del PD negli ultimi anni: jobs act, legge di stabilità, scuola, disoccupazione. Sono tante, talmente tante che il tempo sembra non bastare. Invece sì. E ne avanza. I ritmi legiferatori sono talmente serrati che il team Renzi trova minuti, se non addirittura ore, da dedicare a iniziative del calibro di “vota la worst frontpage”. Con un inglese tanto renziano quanto non necessario, il sito della Leopolda invita i seguaci a votare il peggior titolo di giornale tra undici scelte da Il Fatto Quotidiano, il Giornale e Libero (il cui “Immigrati in cattedra e lezioni porno all’asilo” sbaraglia gli avversari con 557 preferenze). Sulla corrispondente pagina facebook si sceglie invece un linguaggio così giovane e fresco da far invidia al blackblock milanese di minchia bordello: “La top 11 delle balle contro il governo Renzi”.