Tutto Ciò che c’è da Sapere sulle Diete Iperproteiche

I risultati sono notevoli e assicurati in tempi brevissimi. La fame, giurano pazienti ed esperti, non divora nessuno e il girovita può calare in una manciata di mesi. Le diete iperproteiche sono oggi in voga tra vip, star e comuni mortali, ma un tempo erano destinate ad uso esclusivo di atleti e body builders. Lo schema alimentare varia da tipologia a tipologia, ma il concetto di fondo è il medesimo per ciascuna: proteine, proteine ed ancora proteine. Tali diete prevedono infatti un apporto proteico al di sopra della soglia giornaliera raccomandata, che garantisce una perdita di peso veloce, semplice e poco impegnativa.

I nomi sono moltissimi: dalla Zona, ideata da Berry Sears alla osannata Dukan del francese Pierre, per passare alla Paleo, alla Atkins e molte altre ancora. Più pesce, più carne, più uova e latticini per un’unica missione: perdere peso.
Ma quali sono i quantitativi ottimali raccomandati? E cosa succede se assumiamo più proteine del dovuto?
Secondo la European Food Safety Autorithy, la dose giornaliera consigliata consiste in 0.83g di proteine per chilogrammo negli adulti, fino ad un massimo di 1.3g per i giovanissimi e 1.9g per le donne in stato di gravidanza.

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Tuttavia, oggi, in Gran Bretagna – ma questo disequilibrio sta raggiungendo anche il nostro paese – la maggior parte di uomini e donne consuma fino al 45-55% di proteine in più rispetto alla RDA e, tra i fattori scatenanti di tale aumento, si annoverano anche le diete iperproteiche (fonte: National Diet and Nutrition Survey). Dati e statistiche lo confermano infatti: dal 1967 ad oggi, la produzione globale di pollame è aumentata del 700% (senza dubbio, questa crescita è dovuta anche – e soprattutto – all’aumento della popolazione mondiale), quella di uova del 350% e quella di carne bovina del 180% (FAO).

Oltre ai danni a reni e fegato, alcuni scienziati credono che grandi quantità di proteine assunte siano connesse al cancro e ad altri disturbi piuttosto gravi. Ma il problema principale, dicono gli esperti, non è solo la quantità, ma soprattutto l’origine dell’alimento e la sua composizione: alcuni cibi ad alto contenuto di proteine sono infatti meno salutari rispetto ad altri. Troppe proteine animali sono difatti connesse ad un maggiore aumento del rischio di tumore (Studio della University of California), soprattutto al colon; problema che, fino ad ora, non è sorto invece per eccesso di assunzione di proteine di origine vegetale, come fagioli di soia, legumi e quinoa.

Da evitare è poi il consumo di carne lavorata che, trattata con conservanti, può accrescere il rischio di carcinoma mammario (progetto EPIC). Da non escludere è infine il fattore ambientale: un’eccessiva assunzione di proteine di origine animale comporta un consumo di acqua ed un’impronta di carbonio notevoli. E dunque qual è il rimedio? Una “dieta sostenibile” è una potenziale soluzione. Proposta dalla FAO in collaborazione con Biodiversity International, consiste in un modello di alimentazione a basso impatto ambientale che coniuga sostenibilità e sicurezza nutrizionale. O forse, semplicemente, variare le proprie scelte, non precipitandosi in abbuffate temporanee ed evitare brevi e incerte scorciatoie per risultati poco stabili e a breve termine. “La misura è la cosa migliore” sosteneva il buon vecchio, saggio Cleobulo. Never forget it!