Twitter VS Isis: Come il Social Fronteggia lo Stato Islamico

L’arruolamento è Social, negli ultimi anni questa è la linea di pensiero che ha guidato l’ISIS in cerca di nuovi possibili adepti in occidente. Twitter e Facebook i più usati, dove oltre a estendere la rete di collegamenti in tutta Europa, le funzionalità permettevano la diffusione propagandistica di idee estremiste senza alcuna intromissione o limitazione. Questo fino a pochi mesi fa, perché il social network, creato nel 2006 da Jack Dorsey, ha intrapreso una campagna mirata di sospensione e disattivazione account contro lo Stato Islamico. Un recente studio effettuato alla George Washington University, condotto dal ricercatore ed esperto sulle attività estremiste presenti sul web J.M. Berger, ha evidenziato la parziale riuscita di questa delicata operazione, affermando: “ Lo sradicamento totale dal Web e dai Social risulta al momento impossibile, ma molte loro funzioni sono state limitate. Stanno spostando la loro attenzione non più sulla propaganda ma sulla capacità di rimanere attivi online”.

 

Da giugno a ottobre sono stati tenuti sotto traccia i movimenti di un account chiamato Baqiya Shoutout, quest’ultimo era a capo di un rete di contatti su Twitter composta da 3000 seguaci di lingua inglese sostenitore dell’ISIS, prima che venisse cancellato definitivamente dal Social. Nonostante la creazione di nuovi account denominati Shoutout avvenga costantemente da parte dei membri pro-ISIS, quello che risulta difficile è mantenere intatta la lista di followers interessati alla propaganda estremista, visto che la sospensione di un account comporta la cancellazione della rete creata.

 

(Credits: George Washington University)
(Credits: George Washington University)

 

Dalla metà del 2015 gli account con riferimenti pro-ISIS sospesi da Twitter sono stati più di 125 mila, i numeri parlano di un calo di tweet e iscritti provenienti da Siria e Iraq, questo anche causato dalla morte di elementi di basilare importanza per la diffusione sul web della propaganda estremista. Propaganda che ha iniziato a diffondersi su altre piattaforme come Telegram, che dopo il lancio della funzionalità Channels è stata sfruttata dallo Stato Islamico per lanciare il proprio canale in lingua araba utile per la diffusione dei comunicati ufficiali.

 

Come affermato da Berger la sensazione che emerge è quella di un’impossibilità di annullamento mediatico totale pro-ISIS. Varie azioni mirate possono fungere da tamponamento a una situazione tanto delicata quanto fondamentale alla lotta contro l’estremismo islamico, come un pugile su di un ring che sfianca il suo avversario fino alla dodicesima ripresa. La posizione di Twitter è stata chiara, anche se il suo intervento non è stato proprio fulmineo per via di alcune politiche vincolanti adottate dai Social Network, piccoli passi alla volta hanno portato a risultati tangibili, creando difficoltà alla campagna web intrapresa dall’ISIS.

 

Il segretario della difesa degli Stati Uniti d’America, Ash Carter, ha parlato pochi giorni fa a Washington su come la guerra all’ISIS stia diventando sempre più cibernetica: “Non è solo la solita guerra aria, terra e mare. La nostra dipendenza tecnologica ci ha fornito grossi punti di forza e grandi opportunità, ma ha anche portato determinate vulnerabilità che i nostri avversari potrebbero sfruttare”.

Limitare la possibile diffusione occidentale della dottrina estremista tramite i social può essere considerato un punto di partenza da cui sviluppare nuove strategie, anche se la realtà non si limita purtroppo ai 140 caratteri di Twitter, coinvolgendo centinaia di essere umani ancora in balia di uno strapotere ideologico.