Un Rifugiato Palestinese Mi Ha Regalato una Penna Rossa

Amid* mi ha regalato una penna rossa. “Prendi questa, è professionale, guarda”. Ci siamo salutati così, prima di andarmene dalla Giordania. Io con la sua penna in mano e lui con la sua balbuzie, ferita da guerra.

Amid ha 20 anni ed è un rifugiato palestinese che è scappato dalla Siria. Ora vive in Giordania con la sua famiglia. Una delle cose che più lo rattrista é vedere sul suo smartphone come le bombe hanno ridotto la sua scuola e la sua vita.

Sebbene la Giordania ospiti quasi 700 mila rifugiati siriani ufficialmente registrati, Amid non è un profugo qualunque. È uno dei quasi 14 mila palestinesi provenienti dalla Siria che hanno trovato rifugio in Giordania grazie al supporto dell’UNRWA. Ma in profughi palestinesi non sono trattati come quelli siriani.

Con quattro anni di sanguinosa guerra civile alle spalle, la Siria è uno dei paesi più fragili del mondo. L’incapacità di garantire il rispetto dei diritti umani e l’elevatissimo indice di rifugiati hanno sancito l’instabilità del paese. L’ONU stima che siano oltre 7,6 milioni le persone sfollate all’interno della Siria, mentre sono circa 3,9 milioni i rifugiati fuggiti dalla guerra. Solo a gennaio 2015, le Nazioni Unite hanno stimato circa 220.000 morti nella guerra civile.

Un dossier di Human Right Watch (HRW) pubblicato nel 2014, riporta che dal 2013 il governo giordano ha chiuso le frontiere ai palestinesi che provengono dalla Siria, negando loro il superamento della frontiera. Una delle principali ragioni è che l’afflusso dei palestinesi residenti in Siria altererebbe l’equilibrio demografico della Giordania e porterebbe potenzialmente all’instabilità. Bisogna ricordare che la metà della popolazione giordana è di origine palestinese.

Quando questi profughi hanno continuato a entrare illegalmente nel Paese, le autorità hanno risposto con detenzioni coatte e deportazioni, rispedendoli in Siria. Secondo HRW, questa politica andrebbe contro il non-refoulement, un principio del diritto internazionale che vieta ad uno stato di rispedire un rifugiato nel paese dal quale è scappato.

HRW ha riportato almeno un caso in cui un uomo, Mahmoud Murjan, è stato ucciso dopo essere stato forzato a ritornare in Siria. Secondo un testimone, 20 giorni dopo essere stato cacciato dalla Giordania, alcuni uomini armati sono entrati nella casa di Mahmoud, l’hanno gambizzato davanti a moglie e figli e l’hanno rapito. Il giorno dopo, il suo cadavere è stato scaricato davanti alla casa del padre. Presentava segni di torture.

Tra i rifugiati palestinesi che sono scappati dalla Siria ci sono anche storie di famiglie smembrate dalla lontananza.

Kifah*, una donna giordana che viveva in Siria con suo marito, palestinese. Ha lasciato alle sue spalle la guerra nel 2012 per curare sua figlia, affetta da una malattia congenita. “I medici siriani mi avevano proposto di farle un’iniezione letale solo perché non sapevano di che malattia soffrisse” racconta. Ora Kifah vive in Giordania sotto protezione dell’UNRWA,  ma suo marito è ancora in Siria. “Ci sentiamo frequentemente per telefono, ma mi manca e ho paura per lui. Non può raggiungerci. Non so cosa fare, vivo giorno per giorno, senza vedere un futuro”.

La figlia di Kifah sta continuando le cure in Giordania e migliora. Vuole fare l’avvocato da grande.

In Siria ci sono 560 mila rifugiati palestinesi dislocati in 12 campi. Solo 80 mila di questi sono riusciti a scappare dalla guerra.

 

 

* Per ragioni di sicurezza i nomi all’interno di questa storia sono fittizi.