Bellezza: da sempre principale canone di giudizio, “maledizione” di chi la possiede, desiderio profondo di chi non è stato baciato da Madre Natura. A definirla ci hanno provato cineasti e registi, pittori e romanzieri, ma la verità è che non esiste un concetto più astratto della mera definizione di bello, proprio perché soggettivo e mutevole a seconda del contesto e della società.
L’aspetto fisico è da sempre un fondamentale biglietto da visita, e proprio per questo ne siamo ossessionati. Non ci sono dubbi sul fatto che piacersi e sapere di piacere siano ingredienti fondamentali per aver successo nella vita, ed è per questo che il bello è desiderato, ricercato, amato. La domanda fondamentale è: bello, sì… ma per chi? I modelli di perfezione che ci vengono proposti dalle copertine dei giornali sono obiettivi quasi irraggiungibili per la maggior parte degli esseri umani, eppure invece di aiutarci ad accettare il fatto che la perfezione non esiste, la società ci bombarda continuamente di soluzioni per poter combattere i nostri difetti.
La bellezza è fondamentalmente business: moda, tinte e tagli, prodotti di bellezza, diete personalizzate, solarium e palestre. Eppure basterebbe così poco per risparmiarci questa spasmodica ricerca della perfezione che, diciamolo, non è più unicamente femminile. Quale? Accettazione, e la capacità di saper trasformare le nostre diversità in punti di forza. Perché i nostri difetti, o presunti tali, sono il nostro marchio distintivo, quello che ci distingue dalla massa e quello che ci rende unici. Mai come in questo momento la diversità è stata tanto affascinante, e la rivincita delle donne curvy sulle passerelle e la nascita su Instagram di hashtag come #nomakeupselfie, che ci mostrano “come mamma ci ha fatte”, ha il profumo di una dolce rivoluzione della bellezza.
Winnie Harlow, ad esempio è una meravigliosa 19enne di colore dal fisico tonico e dai tratti particolari, eppure per tutta la vita ha dovuto fare i conti con le offese e gli sguardi indiscreti di chi non capiva la sua malattia. La vitiligine è l’assenza di pigmentazione della pelle: il corpo di Winnie è completamente ricoperto di macchie chiare. Se si fosse arresa al giudizio degli altri, non sarebbe diventata la modella affermata che è oggi: Winnie cammina le passerelle più prestigiose del mondo e lavora per i brand più famosi.
Per anni il crudele palcoscenico della bellezza ha escluso l’imperfezione in tutte le sue forme. C’è chi si è arreso e chi ha lottato per cambiare le cose: una di queste è Karrie Brown. A 17 anni come moltissime sue coetanee ha espresso il desiderio di diventare una modella, sapendo perfettamente che non esistono modelle con la sindrome di Down. Dalla caparbietà di sua madre è nata una pagina su Facebook, dove Karrie mostrava gli outfit del suo marchio preferito, attirando l’attenzione di moltissime persone innamorate del suo sorriso e degli stessi dirigenti dell’azienda. Oggi Karrie Brown è la modella portabandiera di Wet Seal.
“Noi esseri umani ricerchiamo sempre la rarità in tutto; le collezioni di oggetti rari, i valori persi in gran parte e per questo rari, le emozioni rare, le sensazioni rare… Allora perché quando ci troviamo davanti persone con malattie rare le evitiamo e le allontaniamo perdendo tutto ciò che possono insegnarci?”. Difficile accettare che a scrivere queste parole sia stata una ragazza di soli 23 anni. Giulia Volpato è una brillante studentessa universitaria padovana, rientrata da poco da un Erasmus a Bordeaux come molte sue coetanee. Probabilmente non si sarebbe mai aspettata di finire su tutti i giornali per la sua partecipazione alle selezioni di Miss Italia. Il motivo? Giulia è affetta da Ectrodattilia-displasia ectodermica-palatoschisi (EEC), una sindrome che comporta malformazioni a mani e piedi, labiopalatoschisi e complicazioni alla cornea.
Giulia è bellissima, spigliata ed intelligente. Mi racconta dei suoi studi e dell’associazione creata con sua madre nel 2009 “p63 Sindrome EEC International Onlus” e dell’equipe che si impegna ogni giorno per studiare questa rara sindrome. La decisione di iscriversi alle selezioni del concorso di bellezza più famoso del nostro Paese, è stata presa un po’ per gioco e un po’ per portare un messaggio a chi si sente diverso o fuori posto: l’imperfezione è solo una convinzione soggettiva.
Winnie, Karrie e Giulia hanno saputo trasformare quelle che nella società potrebbero essere considerate debolezze, in punti di forza: il metodo universale per raggiungere il successo.