Avete presente la prenotazione online di un biglietto aereo, magari con una di quelle compagnie low cost rigorosamente no frills che però, prima di chiudere la transazione, vi tentano offrendovi comodità o benefit? Vuoi saltare la coda al gate? Va bene. Vuoi più spazio per le gambe? Perché no? Ti serve l’assicurazione in caso di mancata partenza? Ci pensiamo noi. Vuoi portarti il bagaglio a mano doppio? Si può fare. Pagando, ovviamente. Ecco: comprare un biglietto per un concerto o un festival, in un domani nemmeno troppo lontano, potrebbe essere più o meno così.
I vip (o luxury, gold, platinum o premium) package sono pacchetti che, insieme al biglietto di ingresso al concerto, offrono servizi supplementari come parcheggio e ingresso riservati, buffet e postazione privilegiata per vedere lo show e, in molti casi, anche un giro dietro le quinte e un incontro con l’artista. Le offerte, ovviamente, sono diversificate, da quelle più basic – l’ingresso anticipato per raggiungere più agevolmente le prime file, i servizi igenici o i punti ristoro riservati – a quelle più folli: oltre al Coachella, diventato in tempi non sospetti – a detta di Win Butler – ormai la passerella preferita dai vip d’oltreoceano per la tradizionale sfilata di primavera, a fare scalpore fu il Bonnaroo, festival in programma a inizio giugno a Manchester, Tennessee, che lo scorso anno offrì il pacchetto “Roll Like a Rockstar”, offerta valida per otto persone che includeva uno chalet privato, un tour bus per i trasferiment, open bar aperto 24 ore su 24 ed altre amenità. Il prezzo? 32.500 dollari, tutto compreso.
Una delle leve sulle quali agisce il vip package è, senza dubbio, il meet and greet: così una volta si chiamava incontro con l’artista, e lo si otteneva – con una discreta dose di buona sorte – con un lungo appostamento nei pressi dell’uscita di servizio dello stadio, che poteva essere vanificato dal cattivo umore della star e da guardie del corpo troppo zelanti. Oggi invece si va sul sicuro: con 2000 dollari, dopo un buffet e la consegna di una t-shirt commemorativa, ci si può mettere in fila per farsi un selfie con Justin Bieber, o – per lo meno – con chi ne fa le veci.
La pratica, fino ad oggi, si è diffusa con una certa regolarità all’estero, specialmente nei paesi anglofoni, in occasione di eventi con protagonisti star di primissima grandezza, solitamente inavvicinabili ai comuni mortali. Qualcosa, però, sta cambiando, soprattutto nel nostro Paese. A inagurare questa nuova pratica – quella del vip package che include l’incontro con l’artista – è la filiale italiana di Live Nation, il colosso multinazionale dell’intrattenimento rock dal vivo che nella Penisola gestisce le attività dal vivo di una buona schiera di artisti domestici. “Il primo esperimento l’abbiamo fatto con Gué Pequeno, lo scorso febbraio, per la prima parte del tour 2016: abbiamo riservato 50 vip package [da 70 euro l’uno, comprendenti entrata anticipata allo show, pass laminato commemorativo, poster autografato e meet & greet] a data, per 11 date, e li abbiamo venduti tutti”, spiega a Rockol Andrea Pieroni, storico fondatore di Live in Italy e oggi dirigente della società parte della multinazionale guidata da Michael Rapino, “L’esperienza è stata positiva, sia per i fan, che per l’artista, che ha avuto l’occasione di incontrarli: visto il successo, abbiamo proposto la stessa cosa agli Afterhours per il tour del prossimo album, e anche a loro la cosa è piaciuta. L’idea è quella di proporre queste formule a tutti gli artisti italiani del nostro roster”.
La formula, secondo Pieroni, è destinata al successo: non a caso, formule simili, che non comprendono però l’incontro con l’artista, sono state proposte anche in vista del prossimo Gods of Metal di Monza – sempre organizzato da Live Nation – per il quale è possibile acquistare biglietti vip che offrono come benefit punti ristoro e servizi igenici dedicati. E chi ha mai fatto la coda per una birra o ha mai utilizzato un bagno chimico a un grande raduno rock sa quanto una commodity del genere possa fare la differenza. “Credo che l’evoluzione in chiave premium verso diversi tipi di biglietto per concerti o festival, nel prossimo futuro, in Italia conoscerà una forte accelerazione. Non ci vedo nulla di strano: di fatto, è un servizio all’acquirente che intenda godere di vantaggi specifici. Chi acquista un biglietto semplice per un concerto sa di non aver diritto ad alcun privilegio, ma c’è chi è disposto a spendere di più per accedere a privilegi come l’ingresso anticipato, che permette di conquistare le prime file. Sono modalità comuni a tutte le forme di commercio, che presto diventeranno comuni anche nel settore della musica dal vivo”.
Queste formule sono destinate a prendere piede anche da noi? “Sì, e probabilmente anche in fretta”, conferma Ferdinando Salzano, presidente di F&P Group, agenzia di live promoting che conta nel proprio roster una grande quantità di big italiani – tra gli altri, Pooh, Laura Pausini, Elio e le Storie Tese, Vinicio Capossela e Il Volo – e che giusto in occasione del “Liga Rock Park“, il mega evento che vedrà il rocker di Correggio protagonista al parco di Monza, il prossimo 24 settembre, ha lanciato sul mercato uno “Special box”, un pacchetto, disponibile solo online, che include – oltre a memorabilia assortite – anche l’accesso all’area pit, quella più ambita dai fan irriducibili. “Il nostro non lo chiamiamo ‘vip’, ma special package, ed è compreso nel prezzo ordinario del biglietto: è una differenza della quale andiamo molto orgogliosi”. Niente maggiorazioni “vip”, quindi, in questo caso. E non è tutto: la questione meet and greet, per Salzano, in Italia è controversa, almeno per il momento: “Quella dell’incontro con band o cantanti è una pratica molto internazionale. Agli artisti italiani – e anche a me – questa pratica piace poco, perché chiedere del denaro ai fan per incontrarli lascia comprensibilmente ancora un po’ di perplessità. All’estero è un’abitudine, e probabilmente in Italia questa riserva la supereremo anche noi: però da noi l’incontro, la foto o l’autografo non sono mai stati abbinati a una richiesta di denaro, ma sempre lasciati al caso, o al frutto della fatica dello spettatore, che aspetta fuori dai cancelli, o che si iscrive al fan club per avere opportunità di incontro. Su quello l’Italia non è ancora pronta, ma su tutte le esperienze aggiuntive al biglietto normale invece sì: per esempio, stanno andando molto bene i biglietti che includono, oltre al concerto, anche la cena, prima o dopo lo show”.
Non crede affatto in questa nuova formula, invece, Claudio Trotta, patron di Barley Arts: “Quello dei vip package è un aspetto che riguarda un argomento più ampio, cioè cosa stanno diventando i concerti”, spiega il veterano promoter milanese: “L’idea corrente è quella di spremere completamente – come nel caso del secondary ticketing – dei deficienti disposti a spendere qualsiasi cifra, e non li chiamo deficienti in quanto tali, ma perché trattati come tali. Quanto succede è frutto dell’omologazione dovuta alla presenza di questi grandi fratelli che gestiscono dall’inizio alla fine la filiera della musica dal vivo, e non parlo dei dipendenti delle grandi multinazionali ma di chi ne tiene le fila, burattinai il cui unico interesse è vedere il titolo della propria azienda alzarsi in borsa ma a cui del pubblico degli artisti e della musica poco interessa. Quando detto da Michael Rapino qualche settimana fa è molto significativo: ci sono persone o fanatiche – giovani o meno giovani – o ricche – giovani o meno giovani – disposte a pagare qualsiasi cifra, per assistere a un concerto o per passare la notte con la rockstar di turno. I vip package sono una porcheria grande e grossa: anche la nostra società, Barley Arts, a volte li fa, ma nove volte su dieci è perché la richiesta arriva direttamente dall’artista. Ma sempre una puttanata restano. Puttanate che il promoter, il più delle volte, è costretto a subire passivamente, senza avere alcuna voce in capitolo né a livello decisionale né a livello organizzativo. Però chi le impone è bene che tenga presente che due dei più grandi artisti rock di sempre, Bruce Springsteen e AC/DC, queste cose non le ha mai fatte”.
Il complesso – perché sostanzialmente dicotomico – punto di vista dell’appassionato lo offre Luca Villa, fondatore del fan site di rilevanza internazionale Pearljamonline: “Ho 35 anni, e quando ho iniziato ad andare ai concerti il bello era incontrare gli artisti per quella che prosaicamente si potrebbe definire botta di culo, magari a fine spettacolo, quando gran parte del pubblico era già andato via”, ci racconta. “Certo, con artisti del calibro di Pearl Jam o Bruce Springsteen ci voleva molta fortuna, ma succedeva. In linea di massima sono contrario ai vip package, perché credo che tradiscano lo spirito del concerto, così come lo intende chi ha la mia età: arrivo a capirli in ambito pop, per artisti come Rihanna, One Direction e Justin Bieber, ma per artisti rock, magari non eccessivamente popolari, non li capisco. Per dire, non molto tempo fa, a Milano, avevo visto Mark Lanegan fermarsi dopo un concerto a scattare foto coi propri fan e a firmare autografi, senza nessun tipo di vip package”. Lo spirito del fan, però, è duro da reprimere: “La formula del vip package con il meet and greet va a toccare un nervo scoperto – anzi, ‘il’ nervo scoperto – dei fan. Se Live Nation Italia lo facesse coi Pearl Jam, non ci penserei un attimo a comprarne uno. Il modo di fruire la musica dal vivo è molto cambiato, negli ultimi anni: andare a un concerto per godere solo dell’esibizione e della magia del momento ormai non basta più, specie da quando gli smartphone sono finiti nelle tasche di tutti. Mi spiace dirlo, quindi, ma credo che questa linea sia vincente”.