Kesha Contro Dr Luke: Contratti, Molestie e Quel Lato Oscuro della Discografia che Non è Mai Stato Raccontato

La vicenda potrebbe essere derubricata a sordido episodio di cronaca giudiziaria, ma negli USA la battaglia che Kesha sta combattendo contro Dr. Luke sta diventando molto di più di un caso-simbolo: più che la accuse di molestie rivolte dalla voce di “Tik tok” al suo collaboratore a muovere l’opinione pubblica statunitense è stata l’immagine di una giovane donna, sola, a sfidare a viso aperto un uomo e un’industria – quella discografica – fondata e ancora oggi guidata da uomini.

Perché riguardo la presunta violenza sessuale perpetrata da Łukasz Sebastian Gottwald ai danni di Rose Sebert la situazione è ancora molto confusa, con la cantante pronta a tenere il punto nonostante una deposizione del 2011 dove negava ogni forma di molestia nei suoi confronti, e il produttore deciso a respingere al mittente ogni addebito, convinto che le gravi e infamanti accuse gli siano state rivolte solo per ottenere una rinegoziazione del contratto che li lega.

Già, perché l’hashtag che da qualche tempo dilaga sugli account più prestigiosi – per esempio, su quello di Lady Gaga, che, vista la sua storia artistica e personale, ha deciso di diventare una delle sostenitrici più convinte della campagna – è #freekesha, “Kesha libera”. Libera da un contratto dal quale lei vorrebbe liberarsi, ma non può.

L’avvocato di Dr Luke sostiene che non ci sia da invocare nessuna libertà, perché – sempre secondo il legale dell’accusato – di fatto sarebbe già libera d lavorare con chiunque voglia. La situazione, però, è leggermente più complessa. Non è un caso, infatti, che qualche giorno dopo la sentenza emessa dalla corte suprema di New York a prendere parola è stata niente meno che l’etichetta di Kesha, la Sony: secondo la casa discografica sarebbe impossibile rescindere il contratto che la lega alla cantante, perché il documento sarebbe in realtà figlio di una catena di accordi iniziata nel 2005 con la firma della star con una società di Dr. Luke, la Kasz Money; Sony Music subentrò solamente nel 2009, come RCA/Jive, solo per quanto riguarda la distribuzione. Due anni più tardi, il presidente di RCA/Jive, Barry Weiss, lasciò la società per approdare a Universal Music, portando alla dissoluzione di RCA/Jive e alla firma del contratto di Kesha con Kemosabe Records, un’etichetta di proprietà Sony Music istituita in seguito alla scomparsa di RCA/Jive. Un vero e proprio ginepraio legale, che vede ancora diversi team di avvocati al lavoro nel tentativo di dirimere la questione.

L’immagine, però, rimane, ed è forte. La discografia USA non è un paese per donne, specie se giovani, e appena una settimana dopo la deflagrazione del caso-Kesha sui media americani un’altra vicenda analoga, seppure di proporzioni minori in termini di popolarità, è affiorata, questa volta sul Web. Una cantautrice, Larkin Grimm, accusa un suo ex produttore, Michael Gira, con gli Swans una delle figure più in vista della scena indie storica a stelle e strisce, di stupro. Una vicenda successa anni fa, durante una serata alcolica finita molto, molto male. Lei non vuole denunciarlo, però lo accusa: “Quando mi sono confrontato con te su quello che hai fatto mi hai cacciato dalla tua etichetta, mettendo fine alla mia carriera e distruggendo la mia vita”. Lui prima nega, poi ammette come “un romantico momento consensuale” sia sfociato in un “errore ingenuo”. Questa, appunto, resta materia per tribunali, ma la risposta della Larkin la dice lunga su cosa provi una donna, giovane, a farsi largo in un mondo dove la peggiore delle insidie, spesso, possa avere il volto del più fidato dei collaboratori:

“Alla fine è una questione di affari. L’arte è il mio lavoro. Ho faticato molto e a lungo per questa carriera, facendo grossi sacrifici per continuare a far musica. Il fatto che l’uomo che comanda possa gettare via la vita e il lavoro di una donna come fossero pattume, solo perché lei non vuole far sesso con lui, è un’ingiustizia immorale che accade a moltissime donne nel mondo della musica.”