Da Israele al Cile: una Strategia di Crescita Basata sull’Imprenditorialità

C’è chi lo sa. Poi c’è chi ha studiato. E c’è persino chi davvero ha imparato. L’Italia, pensando in positivo, può appartenere al massimo alla prima categoria. La politica discute di tasse e nuovi sistemi di welfare per una crescita che sembra debba essere guidata da tutto, meno che dall’innovazione, dimenticandosi il più vecchio principio del mondo per una qualsiasi forma di progresso, sociale, economico o personale che sia: se qualcosa non funziona è meglio cambiare metodo. E per cambiare nel verso giusto, è necessario focalizzarsi su tre cose: informarsi, studiare, imparare.

Partendo dalla prima – informarsi – è utile guardare, a titolo esemplificativo, ai risultati di una ricerca svolta dalla Kauffman Foundation, secondo cui almeno un terzo della crescita dei posti di lavoro è dovuto alla nascita di nuove aziende e l’intera crescita netta dell’offerta di lavoro tra il 1980 e il 2005 è stata generata da imprese con non più di cinque anni di attività.

Punto due: studiare. Alcuni paesi hanno già cercato di implementare politiche rivolte al favorire lo sviluppo del venture capitalism e la nascita di nuove imprese ad alto potenziale tecnologico e impatto sociale. Un primo esempio di eccezionale ed inaspettato successo proviene dal Sud America, dove un businessman cileno, Nicolas Shea, ha fondato un programma di incubazione per startup e formazione dei loro imprenditori, ciascuno dei quali ha ricevuto 40.000 dollari di finanziamento e un visto di un anno in Cile. In soli tre anni, Start-Up Chile, questo il nome del progetto, ha accolto circa 900 imprenditori e 500 nuove aziende.