Sembra il titolo di una pellicola hollywoodiana, invece è l’ultimo rapporto di Amnesty International, datato 24 febbraio 2016, sulla situazione riguardante il rispetto dei diritti umani in tutto il Mondo.
Al 31 dicembre 2015 sono state circa 60 milioni le persone che si sono trovate costrette ad abbandonare la propria casa. A livello numerico, è come se tutta l’Italia decidesse di abbandonare la nostra penisola, spostandosi verso posti ritenuti più sicuri. Secondo l’ong sono 113 i Paesi nei quali la libertà di stampa e di espressione sono soggette a violente restrizioni, 19 gli stati in cui vengono commessi crimini di guerra o altre violazioni relative alle cosiddette “leggi di guerra” e 122 le nazioni in cui vengono ancora applicati metodi riconducibili a maltrattamenti o torture. Solo quattro i Paesi, invece, che hanno fatto registrare il riconoscimento di matrimoni o unioni civili tra omosessuali.
Africa
Il 2016 è stato dichiarato l’anno del Continente Nero per quanto riguarda i diritti umani. Il 2015, però, si è concluso drammaticamente per il continente africano, protagonista ancora una volta di numerose violazioni del diritto internazionale. In Paesi come Repubblica Centrafricana, Repubblica Democratica del Congo, Sudan, Burundi, Sudan del Sud e Somalia ancora si contano i civili morti a causa dei combattimenti in corso. Discorso parzialmente diverso per Camerun, Ciad, Kenia, Mali, Nigeria, Niger e Somalia, finiti nella morsa della violenza dei gruppi armati estremisti come Al-Shabaab e Boko Haram. Angola, Burkina Faso, Burundi, Ciad, Repubblica del Congo, Etiopia, Guinea, Sudafrica, Togo e Zimbabwe, invece, hanno fatto registrare una drastica impennata nell’uso della violenza da parte delle autorità, chiamate in più occasioni a sedare manifestazioni o raduni non autorizzati.
Non solo notizie negative. In Mauritania, infatti, la nuova legislazione (approvata nel 2015) ha dichiarato la tortura e la schiavitù un crimine contro l’umanità. La Sierra Leone, scenario di sanguinose guerre civili nel corso degli anni ’90, ha ratificato il protocollo della Carta Africana dei Diritti Umani e dei Popoli sui Diritti delle Donne in Africa. In Senegal, invece, si è aperto lo scorso luglio il processo all’ex Presidente del Ciad Habrè, accusato di aver alimentato e aggravato i massacri avvenuti nelle aree di conflitto della regione.
Discorso diverso, invece, quello relativo al Nord Africa. In Libia, quattro anni dopo la caduta di Gheddafi, vige una forte instabilità politico-militare, causata dallo scontro tra i due esecutivi che si sono dati guerra per controllare il Paese: da una parte il governo riconosciuto di Tobruk, dall’altra quello di Tripoli, sostenuto da Alba Libica, coalizione formata da milizie armate. Una condizione che ha portato circa 5 milioni di residenti a scappare dal Paese, creando, all’interno dei confini nazionali, uno sfollamento di circa 13,5 milioni di persone (Dati Unhcr).
Medio Oriente
Molto più drammatica, invece, la situazione in Medio Oriente. I continui conflitti armati in Siria, Iraq e Yemen hanno creato un numero incalcolabile di feriti, morti e sfollati. Tutte le forze armate in campo hanno commesso ripetutamente crimini di guerra e gravi violazioni dei diritti umani. Solo per il conflitto siriano si stimano circa 250mila morti. Una condizione aggravata dalla presenza e dal terrore seminato e alimentato dallo Stato Islamico, che nei primi mesi del 2015 ha avuto una lenta ma sanguinosa espansione. Basta pensare all’applicazione della Shari’a, la cosiddetta legge islamica, che ha portato il gruppo terroristico ISIS a punire molti del comportamenti della società civile, arrivando a fare diverse esecuzioni pubbliche. La distruzione di reperti archeologici, religiosi e artistici (come capitato nel caso del sito siriano di Palmira) ha fatto da sfondo alla diffusione di sangue e terrore. A precipitare nel caos anche lo Yemen, vittima dell’avanzata sanguinosa delle forze huthu, appartenenti alla minoranza sciita, che nel settembre 2014 hanno conquistato la capitale Sana’a. In Iran, invece, la repressione di stato ha portato alla migrazione di buona parte dei cittadini verso posto ritenuti più sicuri. In Afghanistan numerosi civili continuano a morire ogni anno per mano dei talebani e di altri gruppi armati.