L’emergenza delle teorie neo-classiche è solitamente associata alla volontà di ridisegnare la disciplina economica alla stregua di una scienza naturale, dove il comportamento economico degli agenti sarebbe stata dedotto a partire da assunti sulla loro natura. In particolare, è secondo questi presupposti, che venne sviluppato il concetto di homo economicus – un individuo, la cui psicologia era fondamentalmente dominata da una certo grado di razionalità.
E’ a partire dai primi anni ’60, in un tempo in cui la psicologia cognitiva cominciava a gettare nuova luce sul funzionamento del cervello umano, che, grazie ai primi contributi nella neonata economia comportamentale – tra cui quelli di Amos Tversky e Daniel Kahneman – tale concezione iniziò a sgretolarsi. Svariati sono gli esempi, evidenziati dagli studi, circa le distorsioni irrazionali esibite da individui impegnati nel prendere decisioni di carattere economico: L’avversione alle perdite (il privilegiare una perdita evitata, piuttosto che un guadagno dello stesso importo); l’effetto dotazione (l’assegnazione di un maggior valore a qualcosa dal momento che lo si possiede); l’effetto riflesso (il cambiamento delle preferenze di rischio a seconda che si affronti delle perdite contro un guadagno); ed il framing effect (l’assegnare maggior valore ad un’opzione presentata enfatizzando gli attributi positivi rispetto a quelli negativi).
Foto 1. Amos Tversky e Daniel Kahneman