I quiz televisivi fanno parte della nostra cultura ormai da tempo. In Italia, tutto iniziò con Mike Bongiorno ed il suo “Lascia o Raddoppia” con un format alquanto semplice. Sullo schermo, infatti, vi era solo il conduttore che poneva le domande, il concorrente che doveva rispondere, un orologio segnatempo e il montepremi in palio. E se, come programma, può non essere nato con nobili intenti, certi nobili intenti gli ha comunque raggiunti, contribuendo alla formazione di un’Italia ancora divisa dai dialetti e ancora non in grado di fornire a tutti alti gradi di educazione. Il seguente successo di Mike Bongiorno nel campo dei quiz televisivi avvenne con “Rischiatutto” negli anni ’70 in un’Italia estremamente diversa che si sedeva comunque davanti alla tv ed imparava molto da concorrenti preparati che rispondevano a domande inerenti campi in cui si ponevano come esperti.
I quiz televisivi di oggi di oggi non hanno più questa funzione, non mirano più a congiungere il serio e il faceto, l’apprendimento e il ludico, concentrandosi maggiormente sulla spettacolarità. E al pari della calante serietà di questo genere di programmi, calante è anche la preparazione dei concorrenti che talvolta ci fanno sorridere, talvolta ci fanno dubitare del sistema scolastico italiano.
Quiz come L’eredità di Amadeus, Carlo Conti e Fabrizio Frizzi (che si sono alternati nella conduzione) o Avanti un altro di Bonolis ci forniscono gli esempi migliori.
Certo, sono passati molti anni, è cambiato il modo di fare televisione. Certo, la televisione risponde alle esigenze del pubblico. Certo, oggi il pubblico preferisce sentirsi più intelligente dei concorrenti in gioco, piuttosto che imparare qualcosa. Ma siamo davvero sicuri che non stia cambiando la cultura degli italiani, figli della veloce Wikipedia e crocifissori della cara vecchia Treccani?
Giudicate voi stessi le differenze: