Incastrati Tramite Facebook? No, non è una Fedina Penale

Ma, spostando leggermente il focus dalle scuole al contesto più generale della società contemporanea, è evidente come la questione sia ben più ampia e intricata. Non ci si può dimenticare, infatti, dell'ormai usato e, forse, abusato, “social recruiting”, ovvero la scrematura dei futuri dipendenti, da parte delle aziende, attraverso i social network. Più semplicemente: se un candidato dovesse apparire poco serio, poco professionale o comunque ispirare poca fiducia dall'immagine che ne emerge dal suo profilo su Facebook, Twitter, ecc., è probabile che la società in questione lo scarti, a vantaggio di chi è più abile nel gestire e curare la propria “fedina online”. Sì, perché di questo si tratta, ormai. Dal momento che, sommando ogni foto, ogni commento, ogni articolo ed ogni post, si può tracciare una vera e propria cronistoria della vita, delle abitudini, delle amicizie e degli interessi di ciascuno, la differenza tra un profilo su un social network ed una fedina penale sembrerebbe assottigliarsi.

Al momento, la vicenda di Riley ci dice che le scuole statunitensi dovranno limitarsi ad educare e giudicare gli studenti per quello che fanno in classe e non dietro il computer di casa. Ma cosa faranno le aziende ed i datori di lavoro? Nel frattempo, meglio tenere un basso profilo.