Recentemente ha avuto grande rilievo sia nei media che nei social, il problema delle migrazioni politiche. Si tratta di persone che sono costrette dallo Stato di appartenenza o da eventi bellici a fuggire dal proprio Paese per cercare riparo e protezione o per sottrarsi a vere e proprie persecuzioni, nella quasi totalità dei casi perpetuate a causa di divergenze politiche, religiose o etniche.
In un momento di crisi non solo economica ma anche sociale, in cui aumentano guerre civili e non, si alimenta l’infinita diatriba tra Occidente ed Islamismo e crescono le difficoltà tra Paesi Nato e Russia, il fenomeno delle migrazioni è più che mai attuale. Smartweek aveva già trattato l’argomento in questo articolo.
Le Nazioni Unite hanno rivelato settimana scorsa che la Siria è il luogo in cui la situazione è la più grave e dove infatti circa la metà della popolazione, precisamente il 43% di 22 milioni di abitanti, è costretta a scappare o trovare rifugio all’estero o all’interno del paese stesso (Internally Displaced People, IDPs). Per far comprendere la gravità della questione e la sua consistenza reale basti pensare che è come se 135 milioni di americani fossero costretti ad andarsene.