Come preannunciato da diverso tempo, le elezioni federali messicane del primo luglio 2018 hanno visto la vittoria di Andrés Manuel ‘AMLO’ López Obrador, che stacca nettamente il candidato di centrodestra del PAN (Partido Accion Nacional) Ricardo Anaya. José Antonio Meade, candidato di quel PRI (Partido Revolucionario Institucional) che ha governato il paese dal 1929 al 2000 e dal 2012 a quest’anno, ottiene il terzo posto. Sostenuto dalla coalizione chiamata “Juntos haremos historia” (uniti faremo la storia), il grande sconfitto delle elezioni del 2006 e del 2012 è riuscito a mettere insieme sigle di sinistra come il Movimiento de Regeneración Nacional (Morena) e il Partido del Trabajo (PT) con la destra conservatrice del Partido Encuentro Social (PES), in un’eterogenea alleanza che gli ha garantito la maggioranza, risultato reso possibile anche dal profondo scontento che alberga nel paese nei confronti di partiti di governo come il PRI e il PAN.
Nato nel 1953 a Tepetitán nel Tabasco, Stato meridionale del Messico con al 2012 un tasso di povertà del 49%, López Obrador si è laureato in scienze politiche e della pubblica amministrazione all’Universidad Nacional Autónoma de México (UNAM). La sua carriera politica ebbe inizio nel 1976, quando sostenne la candidatura come senatore dello Stato di Tabasco del poeta Carlos Pellicer. Nel 1977 mise in atto delle opere in favore degli indios chontal in veste di direttore dell’Istituto indigenista del Tabasco. Nel 1988 aderì all’ala sinistra del PRI nota come Corriente Democratica, sostenendo la candidatura di Cuauhtémoc Cárdenas alla presidenza nel medesimo anno e candidandosi lui stesso come governatore del Tabasco, senza però venire eletto. Con la creazione del Partido de la Revolución Democratica (PRD) nel 1989 venne nominato responsabile della sezione tabasqueña del partito. Si candidò nuovamente come governatore del Tabasco con il PRD nel 1994, ottenendo il 38% ma venendo sconfitto dal candidato del PRI. Dal 1996 al 1999 ricoprì l’incarico di presidente del PRD. Corse alle presidenziali del 2006 sostenuto dal PRD, arrivando secondo con il 35% dei voti, e secondo fu anche in quelle del 2012, questa volta con il 31%. Nel 2015 venne nominato presidente di Morena, partito a cui aderì nel 2012 dopo aver lasciato il PRD, incarico da lui ricoperto fino al 2017.
Tra le proposte di Juntos haremos historia abbiamo innanzitutto la lotta alla corruzione, ritenuta uno dei più gravi problemi messicani, prevedendo tra le varie iniziative per farvi fronte anche un taglio degli stipendi dei parlamentari e del presidente e un aumento dei salari di medici, insegnanti, infermieri e funzionari pubblici. Punto fermo nelle sue proposte economiche è la profonda revisione del trattato di libero scambio con gli Stati Uniti, il NAFTA (North American Free Trade Agreement), da lui ritenuto fonte di diseguaglianze, oltre che la revisione di diversi appalti petroliferi, la creazione di sussidi per l’agricoltura e l’abbassamento del prezzo della benzina. Il mercato interno andrà poi rafforzato, senza però aumentare il debito pubblico e le tasse (a tal fine AMLO ritiene che i ricavati dalla lotta alla corruzione permetteranno di finanziare le sue politiche senza dover toccare i bilanci dello Stato) e senza neppure procedere ad espropri di terre, entrambi temi molto sentiti da parte della popolazione messicana, contraria ad un aumento della pressione fiscale e agli espropri. Tali proposte hanno suscitato l’inquietudine di diversi imprenditori. La politica energetica prevede il porre freno alla caduta della produzione petrolifera e di gas sviluppandola per il mercato interno facendo di conseguenza cessare l’importazione di barili di greggio, oltre che lo sviluppo di fonti di energia rinnovabili. Per ora non è ancora chiaro quale linea AMLO vorrà intraprendere nei confronti della riforma energetica attuata dal suo predecessore Enrique Peña Nieto nel 2013 (riforma che modificò l’art. 27 della Costituzione che affermava il divieto di utilizzare i contratti per l’estrazione di idrocarburi dal suolo messicano, modifica però attuata nella riconferma che tali idrocarburi resteranno di proprietà del Messico), e questo è uno degli ambiti che gli investitori internazionali seguono con maggior interesse. Gli interventi proposti nel settore agricolo prevedono il sostegno pubblico all’agricoltura, alla pesca e alla pastorizia, stabilendo dei prezzi fissi per i prodotti agricoli, distribuendo fertilizzanti ai contadini a prezzi contenuti e promuovendo la semina di un milione di ettari di alberi da frutta e da legname. Il fine della politica agricola proposta da AMLO è l’autosufficienza alimentare, prevedendo di produrre in Messico tutti gli alimenti consumati dai messicani. Sul piano educativo, al primo posto abbiamo la cancellazione della riforma scolastica attuata da Peña Nieto nel 2012 – 2013 (che includeva tra le altre cose una serie di concorsi per accedere all’insegnamento), ritenuta da AMLO l’anticamera della privatizzazione del sistema scolastico messicano, sostenendo invece l’istruzione pubblica e gratuita a tutti i livelli, proponendo di assegnare una borsa di studio mensile a tutti gli studenti di livello medio superiore. Oltre alla scuola, anche la sanità nelle proposte di AMLO dev’essere resa interamente gratuita e accessibile alla popolazione, e sempre per quanto riguarda le politiche di welfare si parla poi del raddoppio delle pensioni minime. Il sostegno all’occupazione giovanile è un altro punto delle sue proposte. Sono previste diverse opere pubbliche di una certa entità, quali la creazione di una linea ferroviaria che colleghi le aree turistiche della penisola dello Yucatán, che nelle intenzioni di coloro che la propongono dovrebbe favorire il turismo e le popolazioni maya dell’entroterra yucateco, e lo sviluppo di un nuovo aeroporto nella capitale al fine di risolvere il problema della saturazione dell’aeroporto di Città del Messico. Vi è poi la proposta di una politica di riconciliazione nazionale che faccia uscire il Messico dalla spirale di violenza in cui è precipitato, politica che prevede un’amnistia, un graduale ritiro dell’esercito dalle strade e l’invito a papa Francesco a intervenire come mediatore che aiuti nel processo di pacificazione. Sempre sul tema della sicurezza, prioritario è per AMLO rimuovere le cause economiche e sociali che rendono possibile l’attuale situazione del Messico. Si prevede poi la creazione di una rete wi-fi gratuita negli edifici governativi, nelle scuole, negli ospedali e nelle piazze.
Nei suoi rapporti con il vicino del nord, si tenga presente come l’elezione di AMLO sia dovuta anche alla reazione di diversi messicani alle considerazioni negative sul Messico espresse in alcune occasioni dal presidente americano Donald Trump, il quale dal canto suo ha salutato con tweet la vittoria di AMLO congratulandosi con lui. Diverse saranno le questioni che dovranno essere trattate con Washington, dall’annoso tema dei migranti che dal Messico tentando di varcare il Rio Grande per entrare negli Stati Uniti fino agli accordi di libero scambio che AMLO sembrerebbe essere intenzionato a modificare.
Per quanto riguarda temi etici come aborto e unioni omosessuali, in campagna elettorale AMLO ha mantenuto un profilo basso limitandosi a dichiarare che non modificherà lo status quo esistente (l’aborto e le unioni gay sono legali sono in alcuni Stati), al fine di non scontentare i suoi alleati del PES (il cui presidente Hugo Flores Cervantes è un pastore evangelico) e i cattolici messicani (sul piano religioso AMLO si è definito cristiano e ha detto di provare ammirazione per la figura di Cristo). In generale, su queste tematiche il candidato di Juntos haremos historia si è espresso poco, consapevole che nella sua coalizione le opinioni a riguardo siano molto discordanti.
Gli analisti e i commentatori sono divisi sulle previsioni inerenti alla presidenza di AMLO. Secondo alcuni la svolta da lui rappresentata potrebbe rappresentare un ritorno di fiamma sotto nuove vesti dell’autoritarismo del PRI che ha fatto sì che il Messico oggi sia il paese che ha avuto il regime monopartitico più duraturo al mondo (tale è ad esempio l’opinione dell’antropologo messicano Roger Bartra), autoritarismo che secondo i detrattori di AMLO porterebbe il Messico a diventare un altro Venezuela. Altri invece credono che la recente vittoria di López Obrador a queste elezioni possa garantire ai messicani un futuro più equo e con meno disuguaglianze, rigenerando finalmente una classe politica, e magari favorendo una nuova svolta a sinistra in America Latina. Gli investitori, sia messicani che esteri, sono al momento in attesa di vedere cosa farà concretamente il neoeletto presidente nell’ambito della riforma energetica di Peña Nieto e come gestirà la costruzione del nuovo aeroporto di Città del Messico, sospendendo temporaneamente il giudizio. Ai posteri l’ardua sentenza.