Mercati Finanziari: dal “Tutto e Subito” si Torna alla Normalità?

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Era il 2008 quando il sistema finanziario globale era sull’orlo del baratro, questa è una storia che abbiamo già raccontato. Prima la Banca Centrale americana (FED) insieme alla Banca Centrale inglese (BOE) e poi tutte le Banche Centrali dei maggiori Paesi Industrializzati hanno deciso la politica di “innondare” il mercato con liquidità attraverso due azioni: la prima, azzeramento dei tassi d’interesse e poi con il Qunatitative Easing (QE). Era l’unica cosa da fare? Forse si per evitare il peggio, tuttavia ogni decisione produce effetti nel “contratto” tra debitori e creditori. Diamo un veloce sguardo.

Iniziamo con azzeramento dei tassi: ci dicono sempre che il tasso d’interesse è il costo/rendimento del denaro, ma in verità svolge una funzione ben più importante, quella di dare un valore al tempo nell’ambito economico. Tassi a zero, il tempo economico futuro perde di valore: non è una conseguenza da poco e la discussione si farebbe interessante tuttavia ci saranno sedi dove dibattere .

Il denaro immesso tramite il QE è stato fondamentale per evitare il peggio, tuttavia anche in questo caso dobbiamo domandarci: chi ha usufruito di questa maggiore liquidità? I debitori oppure i creditori? Le conseguenze, nel caso fossero stati i debitori, sono quasi intuitive; ma se il beneficiario fosse il creditore (come mi pare sia successo) allora le conseguenze sono diverse e speculative. Il creditore si troverebbe con una posizione di liquidità almeno doppia rispetto a prima, dato che mettendo a garanzia i propri crediti ricava liquidità e nello stesso tempo usufruirebbe della “helicopter money”(QE) .

Non penso di sbagliarmi di molto sostenendo che la crescita esponenziale dei  mercati finanziari in questi anni (borsistici, obbligazionari, etc)  siano il risultato di queste due forze : un sacco di soldi liquidi in mano soprattutto ai creditori e azzeramento del valore del tempo economico: potremmo sintetizzare con uno slogan “tutto e subito”.  Ben dieci anni (2008-2018) dove il modello capitalistico ha sperimentato un nuovo “modo di essere”.

In ogni caso alcuni risultati positivi si sono avuti, basti guardare il grafico dell’andamento della crescita dell’economia americana:

us gdpLa disoccupazione è scesa a 4% della forza lavoro partendo dal 10%: i tecnici direbbero che siamo in piena occupazione, livello che non si vedeva da 17 anni.

Quindi tutto bene ? Non tutto, guardando alla più importante economia mondiale come gli Stati Uniti, ora ci troviamo come nel 1987 con disoccupazione ai minimi, dollaro debole e cambio dei vertici della FED . Il successore della Professoressa Yellen è Jerome Powell ed ha l’obbiettivo di garantire i risultati ottenuti sino ad ora. Per lui lo scenario di partenza presenta il prezzo da pagare per tutto ciò che è stato fatto sinora: gli investimenti e la produttività continuano a non essere brillanti, l’inflazione sta mostrando i primi segnali di ripresa, i salari americani crescono a 2,9%, la debolezza del dollaro rende più costose le importazioni e infine bisogna finanziare il taglio delle tasse voluto da Trump. Ci sono parecchi motivi per programmare almeno tre futuri rialzi dei tassi tra il 2018 -19 e la volontà di rientrare dalla politica dei QE, come si può vedere dal grafico sottostante.

fed's asset holdings

E’ normale che Wall Street cominci a preoccuparsi, come dimostrano le ultime prese di beneficio della settimana scorsa. Il nervosismo è solo all’inizio, pensate che la Banca Centrale Svizzera detiene ancora adesso una posizione di circa 1,4 miliardi di azioni nei mercati americani per un controvalore di 92 miliardi di Dollari. Se pensate che un nuovo crollo porti alla decisione di rispondere ancora con tassi a zero e un nuovo QE, allora preparatevi a comprare Wall Street; altrimenti è il caso di accontentarsi di ciò che è stato e pensare ad un futuro “normale” .