Il progetto vincitore dell’anno 2014 è incredibilmente sorprendente. Se lo è aggiudicato James Robert con la sua MOM, un’incubatrice gonfiabile lowcost. “Ero determinato a trovare una soluzione alle moltissime morti premature durante l’incubazione” ha spiegato il giovane Robert, che da un primo prototipo in vetro plexiglass, dopo studi e fatiche, è arrivato al modello vincente. James, 23 anni e una laurea alla Loughborough University (UK), con i 45’000 dollari incassati, insieme al suo team svilupperà il prototipo finale di MOM.
Più un bambino su dieci nasce prematuramente e secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità il 75% dei decessi dovuti a parti prematuri potrebbero essere ampiamente evitati se fossero disponibili, in tempi più rapidi, metodi di trattamento del suddetto problema con cifre meno elevate. MOM si propone di offrire una soluzione a questa piaga. Si tratta di un dispositivo che può essere ripiegato dopo l’utilizzo, risultando più pratico per il trasporto. Per di più, la sua batteria ha un’autonomia di 24 ore: funzionerebbe quindi anche in caso di interruzioni di corrente. Uno schermo mostra temperatura e grado di umidità, che possono essere regolati a seconda dei giorni del bebè ospitato al suo interno e un allarme acustico avvisa di improvvisi sbalzi; inoltre, si riscalda grazie a dei piccoli pannelli in ceramica. E per i bambini che soffrono di ittero, c’è un’apposita unità di fototerapia. La produzione di MOM e la spedizione nella località designata costa solo 400 dollari (contro i 45’000 di un dispositivo ospedaliero tradizionale) e potrebbe salvare altrettante vite. “Sono stato ispirato da un documentario sulle morti premature nei campi profughi” ha detto il giovane inventore “Certo, ci sono state enormi fatiche nel percorso che mi ha portato qui, ho dovuto vendere la mia macchina per andare avanti e finanziare il mio primo prototipo!” Ma cosa lo ha spinto a tutto questo? “Il mio sogno sarebbe quello di incontrare un bambino che è stato salvato dalla mia incubatrice: sarebbe la prova vivente che il mio progetto ha fatto la differenza“.