Morandi e i Social: “Facebook? Pensavo Fosse un Videogioco”

Autentico bagno di folla oggi all’università Luigi Bocconi per Gianni Morandi. Il cantautore emiliano è intervenuto questa mattina per raccontare agli studenti dell’ateneo milanese come nasce il fenomeno del web #GianniMorandi.

Diventare una webstar a 70 anni?  Non avrei mai creduto di raggiungere un pubblico così vasto, ma l’eccezionalità dei social network consiste proprio in questo. Mi scrivono tantissime persone di tutte le età. E io posso interagire con tutti, rispondendo ai loro commenti. E pensare che solamente due anni fa credevo che Facebook fosse un videogioco!

Una pagina Facebook da 2 milioni e 300mila likes sono numeri impressionanti per un uomo la cui carriera nasce molto lontano dall’era della digitalizzazione. “È iniziato tutto per caso.  In tanti mi chiedevano di aprire una pagina web con aggiornamenti sulla mia vita quotidiana, ma io non gli davo retta. Un giorno, uscito di casa per una corsa, ho chiesto a mia moglie Anna di scattarmi una foto.“

In breve tempo Gianni Morandi è diventato fenomeno della rete grazie ai suoi status-diario,  corredati di data e una semplice didascalia, e grazie alle istantanee di vita quotidiana spesso realizzate proprio con l’aiuto della moglie Anna. La sua attività sui social si discosta da quella usuale dei suoi colleghi artisti, in quanto Morandi cerca di accontentare (quasi) tutti i fan che gli scrivono e commentano i suoi post.  Quello, però, che ha più colpito la rete è il modo e la pazienza con cui il cantante riesca a interagire, in maniera pacata ed educata, anche con coloro che commentano in modi sgarbati, per non dire maleducati.
“Il segreto sta nel non prendersi troppo sul serio. Sono una persona spontanea e genuina e mi fa piacere trasmetterlo agli altri. Ma comunicare per me non è solamente mostrare cose positive; far vedere una cosa da più punti di vista stimola il dialogo e la comprensione. Una mattina ho letto sul giornale dell’ennesimo naufragio di una scialuppa di migranti e ho postato su Facebook un’immagine dell’arrivo di un traghetto a Staten Island, per ricordare che pure noi italiani siamo stati un popolo fuggito dalla propria patria alla ricerca di un futuro migliore ”.

La popolarità derivata dall’effetto social è un incentivo a continuare ad avere un contatto diretto con l’audience, anche se a volte si oltrepassa il limite. “Ero in un Autogrill mentre stavo utilizzando i servizi. Una signora mi riconosce e chiede di potersi fare una foto insieme a me, anche se in quel momento avevo le mani occupate. Devo dire che è stato un po’ imbarazzante.”

L’incontro è stato anche un’occasione per parlare del mondo della musica e di cosa è cambiato rispetto a quando è iniziata la sua carriera, il debutto nel 1962 con il brano “Andavo a 100 all’ora”,  a soli 19 anni.
“Io vengo da Monghidoro, un piccolo paese nella provincia di Bologna. La mia passione per il canto mi ha portato ad esibirmi in quelli che oggi sono considerati i talent show: feste di paese, sagre e balere. Prima di arrivare ai grandi appuntamenti musicali molti collaboratori hanno seguito la mia crescita professionale. Un tempo venivano concesse più occasioni ai ragazzi per sfondare:  alcuni avevano la possibilità di incidere 3/4  dischi prima di essere giudicati definitivamente. Oggi si vuole tutto e subito, cantanti fatti e finiti ma senza l’esperienza necessaria. Si rischia di bruciare dei talenti. Ho condotto due edizioni di Sanremo: i giovani di quelle due rassegne oggi sono quasi tutti scomparsi.”

L’evento si è concluso con l’intera Aula Magna che ha cantato insieme allo showman alcuni dei suoi più grandi successi, da “Uno su mille ce la fa” a “C’era un ragazzo”.
Generazioni a confronto che imparano a conoscersi attraverso la potenza dei media.