Un editto borbonico le vietava la naturale espansione al di fuori delle proprie mura, rendendola sempre più invivibile per i suoi abitanti i quali, aumentando di anno in anno, portarono in breve tempo la città (Taranto) al sovraffollamento, con tutte le conseguenze negative che questo comporta. Poi, fatta l’Italia ed abolito l’editto, si decise di dare nuova linfa ad una popolazione che vivendo fra due mari era dedita prevalentemente alla pesca ed alla miti-coltura.
Proprio i due mari, fecero di Taranto il quartier generale della Marina Militare italiana e nacque così la figura del metalmezzadro. La mole di lavoro nell’arsenale tarantino era direttamente proporzionale alla instabilità della situazione politica internazionale che fino alla fine della seconda guerra mondiale, a fasi alterne, portò lavoro ai suoi cittadini. Quando non impegnati nella costruzione di navi da guerra, i metalmezzadri, si dedicavano alla coltivazione della terra, dando così vita ad un equilibrio economico unico nel suo genere.
Con la fine della seconda guerra mondiale, la situazione cambiò considerevolmente, e la città, che per gran parte si guadagnava da vivere lavorando per la Marina, sprofondò in una rovinosa recessione economica. Incorniciata da ulivi secolari, spiagge caraibiche ed un mare cristallino, il capoluogo tarantino avrebbe avuto tutte le carte in regola per primeggiare insieme alle più rinomate località turistiche salentine ma, complice l’assoluta ignoranza del tempo in fatto di tutela ambientale, per l’antica capitale della Magna Grecia, andò diversamente.