Sostenibilità Ambientale e Responsabilità Sociale: il Caso di Banco Alimentare

banco alimentare

Tra le varie problematiche di cui si sente tanto parlare, come il riscaldamento globale, la fame nel mondo e l’esaurimento delle risorse naturali, lo spreco nell’industria alimentare è spesso lasciato in secondo piano, benché estremamente collegato. Questo non significa, però, che la questione sia meno degna di nota, anzi si potrebbe definire quanto mai allarmante.

Infatti, non solo sprecare è un male in sé, ma è anche aggravato da una situazione nel mondo che vede ogni anno morire circa 36 milioni di persone per motivi legati a denutrizione e malnutrizione, soprattutto in paesi in via di sviluppo.

Nonostante la produzione mondiale di cibo possa essere sufficiente a sfamare tutti gli abitanti della terra, ben 795 milioni di persone al mondo rimangono denutrite. Com’è possibile ciò? Di certo non aiutano le tonnellate, superiori a un miliardo, di cibo sprecato. Solo in Italia il totale delle eccedenze alimentari è pari a 5,6 milioni di tonnellate, di cui solo il 10% viene recuperato. La risposta la si trova risalendo la filiera alimentare fino al consumatore, infatti ad ogni step di quest’ultima una buona percentuale di prodotti, nonostante totalmente commestibili, finisce nel cestino. Percorriamola insieme:

Nei campi rimane quasi sempre una parte non indifferente della produzione (34% dei 5,1 milioni sprecati), in quanto non sempre all’agricoltore conviene raccoglierla.

– Alle industrie di trasformazione è imputabile un 1,5% dello spreco, cibo buono gettato via, per esempio, per un’etichetta sbagliata o per altri errori di confezionamento.

Un altro 14% dello spreco avviene nella distribuzione, di cui solo una piccola parte è dovuta a danni lungo il percorso, poiché il grosso della perdita avviene quando il cibo giunge in negozio. Ciò è dovuto, in particolare nei paesi più sviluppati, ad un sistema di acquisto che prevede un riempimento tale degli scaffali della vendita al dettaglio per cui molti prodotti non vengono nemmeno comprati, e quindi sono poi buttati via alla data di scadenza.

– La grande ristorazione organizzata (ristoranti, mense aziendali e scolastiche etc.) è responsabile dello spreco di cibo cucinato per un totale pari al 3,5% (equivalente al 20% in termini di valore economico).

– Infine, noi consumatori in casa diamo il colpo di grazia, siccome tendiamo a comprare troppo in una volta sola e, di conseguenza, una parte della spesa spesso finisce nella spazzatura. In Italia ogni anno finiscono in pattumiera circa 50 Kg di alimenti per famiglia, difatti lo spreco domestico occupa la fetta più grande, aggiudicandosi il 47% del totale.

Inoltre, non è solo il cibo ad essere sprecato, ma anche le risorse che sono state utilizzate per produrlo, ovvero denaro, acqua, terra e tempo. Ma soprattutto, cibo buttato via significa anche perdere un’occasione di dare da mangiare a chi è in difficoltà, ed è qui che entra in gioco Banco Alimentare, una fondazione senza scopo di lucro che gestisce una rete di raccolta e ridistribuzione delle eccedenze di cibo, per servire pasti ai bisognosi. L’associazione è composta da 21 organizzazioni territoriali che operano nelle regioni italiane per recuperare il cibo in eccesso, che verrebbe scartato seppur commestibile. In particolare la rete di Banco Alimentare si è organizzata per raccoglierlo dall’industria agroalimentare, dalla grande distribuzione e dalla ristorazione, per poi donarlo ad enti caritativi che si occupano di fornire pasti a chi ne ha bisogno.

In questo modo Banco Alimentare Lombardia ha donato nel 2015 34 milioni di pasti equivalenti, grazie alle 17.043 mila tonnellate di alimenti raccolti, non solo tramite il recupero dalla filiera alimentare ma anche attraverso collette alimentari ed aiuti dall’Unione Europea.

I benefici derivanti dall’azione di Banco Alimentare sono molteplici, non solo sociali ed educativi, per via dell’aiuto alle fasce più povere della società, ma anche economici ed ambientali. Infatti, donando il surplus di prodotti le aziende riducono i costi di stoccaggio e di smaltimento, ridando valore economico ai prodotti (e beneficiando di vantaggi fiscali e recupero dell’IVA). Anche i benefici ambientali sono significativi, infatti si riducono water e carbon footprint poiché, evitando che il cibo diventi rifiuto, si impedisce che l’acqua usata per produrlo e le emissioni di CO2 dovute a produzione e smaltimento vengano “sprecate”.

Guardando più da vicino il Banco Alimentare della Lombardia, il suo recupero di 9.198 tonnellate di alimenti dalla filiera alimentare ha contribuito alla salvaguardia dell’ambiente evitando lo spreco di:

17,8 milioni di metri cubi di acqua (equivalenti a 124 piscine olimpioniche).

689 Ton./CO2 eg. di emissioni (equivalenti a quelle di 11.300 utilitarie che percorrono 10.000 km/anno).

102 Km2 di terra (equivalente a 14.526 campi di calcio).

In effetti, perché buttare via un alimento perfettamente commestibile quando molte persone soffrono la fame? Perché non dargli una “seconda opportunità” socialmente, economicamente ed ecologicamente utile? Banco Alimentare ridona valore a cibo e risorse che altrimenti andrebbero sprecate, e di questo il mondo d’oggi ha veramente bisogno.