Fino a poco tempo fa Trump non era conosciuto solo per essere un investitore immobiliare miliardario di New York, il proprietario del concorso di bellezza Miss Universo o l’inventore del reality show The Apprentice, era anche noto per aver preso parte ad un video soft porno e aver posato per una copertina di Playboy (vestito, ovviamente). Il nome di Donald è stato infatti per diversi anni legato al mondo hard, a produttori e attrici a luci rosse, tanto da essere accusato di molestie da una delle più famose pornostar americane, Jessica Drake, e aver promesso “un giro di vite sul porno”, lo scorso giugno, in un discorso tenuto durante la sua campagna elettorale.
Ma adesso che Trump è diventato il nuovo presidente degli Stati Uniti d’America, il rapporto tra il tycoon e l’industria per adulti sembra essersi incrinato: tanto per cominciare, stando a quanto riportato dalla rivista statunitense The Wrap, subito dopo il risultato delle elezioni i più importanti siti di porno online, RedTube e Pornhub, hanno registrato un improvviso calo di visitatori, perdendo il 5% nel primo pomeriggio del 9 novembre e fino al 23% nelle ore successive.
I prossimi quattro anni potrebbero quindi essere critici per l’industria del porno: non solo i produttori e i più noti personaggi di film a luci rosse non possono più “fidarsi” di Donald che, da quando è stato eletto presidente, ha negato e contraddetto molte delle precedenti dichiarazioni fatte in campagna elettorale, ma devono addirittura temere il vicepresidente Mike Pence e l’ex sindaco di New York, Rudy Giuliani, secondo molti prossimo segretario di stato.
Pence, noto per essere un evangelico e un conservatore convinto, ha cercato di reprimere il porno durante il suo ultimo mandato al Congresso, proponendo un emendamento che avrebbe limitato il nudo non solo nelle scene hard dei film a luci rosse ma anche nelle normali pellicole di Hollywood. Giuliani, invece, durante il periodo da primo cittadino di New York, aveva speso molte energie per “ripulire Times Square”, cioè per far chiudere tutti i teatri porno presenti nel centro città.
Quando Obama nel 2011 aveva annullato il Controlling the Assault of Non-Solicited Pornography and Marketing Act, una legge che limitava e controllava i contenuti spam pornografici e pubblicitari, entrata in vigore il 16 dicembre del 2003 durante la presidenza di George W. Bush, l’industria del porno aveva tirato un sospiro di sollievo mentre molti esponenti del partito repubblicano avevano protestato.
Oggi, però, lo stesso partito repubblicano può contare sulla maggioranza sia al Senato che al Congresso per far passare leggi che regolamentino i contenuti e le pellicole a sfondo sessuale. Staremo a vedere se Donald manterrà la promessa fatta all’industria hard nel giugno 2016 o subirà l’influenza del vicepresidente e dell’intero partito.