Trump, Make America Great Again Parte Dalle Grandi Aziende

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Far crescere l’industria manifatturiera statale e creare nuovi posti di lavoro sono stati due fra i capisaldi della campagna elettorale di Trump. E il tycoon, nonostante l’insediamento ufficiale alla Casa Bianca sia fissato per il 20 gennaio, sembra stia già lavorando per riportare la produzione americana in auge.

Lo scorso 3 gennaio, infatti, il nuovo presidente degli Stati Uniti ha attaccato via Twitter General Motors, minacciando l’azienda americana di istituire una grande imposta doganale per il modello Chevy Cruze prodotto in Messico.

tweet-trumoLa GM ha subito replicato con un comunicato ufficiale, precisando che le vetture Cruze prodotte in Messico sono per la maggior parte destinate al mercato estero, mentre solo una piccola parte viene, invece, venduta negli Stati Uniti. Non a caso le critiche di Trump sono arrivate quando il più grande produttore americano di auto, che vanta il 19% della produzione in Nord America, ha annunciato di voler cancellare uno dei turni eseguiti alla fabbrica di Lordstown, Ohio, causa la diminuzione di vendite della Cruze Sedan, con un conseguente taglio al personale pari circa a 1200 posti di lavoro.

Se la General Motors non sta dalla parte di Trump, sembra però che Mark Fields, CEO di Ford, sia d’accordo con il tycoon. L’azienda automobilistica di Detroit ha recentemente cancellato i piani di espansione previsti per il 2017 in Messico, per investire, invece, in una sede di produzione statunitense. La cifra inizialmente stanziata per lo sviluppo della fabbrica di San Luis Potosi, a nord di Città del Messico, pari a un milione e 600 mila dollari sarà per metà investita (700 mila dollari) nell’ampliamento dello stabilimento Flat Rock Assembly, in Michigan, per creare un manifacturing innovation center e 700 nuovi posti di lavoro, l’altra metà resterà invece nelle tasche dell’azienda. Anche se un tweet di Donald ha rivendicato la paternità della scelta di Ford, Fields ha affermato che la cancellazione del piano previsto per il Messico non è stata la conseguenza delle pressioni esercitate dal presidente. Non ha però nascosto di essere stato “incoraggiato dalle politiche favorevoli la crescita industriale che il presidente eletto Donald Trump e il nuovo Congresso hanno detto di voler seguire”.

Non dimentichiamoci però di Apple, una fra le più grandi aziende americane di innovazione e tecnologia. Trump, in un’intervista rilasciata al New York Times, aveva parlato di una telefonata avuta con il CEO di Apple Tim Cook, in cui gli aveva proposto incentivi e tasse ridotte per riportare la produzione degli iPhone negli Stati Uniti:

Ma Cook non sembra intenzionato a riportare la produzione degli smartphone a casa. Il governo cinese, secondo un report del New York Times, sembra stia offrendo miliardi di dollari di incentivi a Foxcoon, multinazionale cinese produttrice di componenti elettrici ed elettronici, nonché produttrice ufficiale di iPhone per Apple.

cartina-appleIn un ulteriore report, pubblicato invece da DigiTimes, si indaga sul possibile ritorno dell’azienda di Cupertino negli States: anche se Apple decidesse di riportare l’intera produzione negli Stati Uniti, i produttori di componenti, per la maggior parte situati in Cina, resterebbero nel continente asiatico e non sarebbero quindi disposti ad aprire sedi negli USA tanto grandi da rispondere all’altissima richiesta di componenti e di manodopera di Apple. Ciò significherebbe un’enorme impiego di capitale per l’azienda di Cook, costretta a ricostruire la catena manifatturiera da zero sul suolo americano.

Anche se Trump sembra ce la stia mettendo tutta, le aziende non sembrano voler tornare in patria. Magari, una volta ufficializzata la sua carica e introdotti gli incentivi, General Motors e Apple potrebbero ripensarci. Non ci resta che aspettare.