Il parto in acqua è una pratica ormai radicata nel panorama culturale del nord Europa, specialmente nei paesi anglosassoni dove è ritenuta essere una modalità di parto sicura e vantaggiosa per le donne. La situazione in Italia, invece, è completamente diversa. Molte donne, infatti, vedono negarsi questa possibilità perché ritenuta molto rischiosa sia per lei che per il bambino. Ogni anno nascono in media 12 milioni di bambini di cui soltanto 1,8 milioni tramite questa procedura.
La giovane ostetrica padovana Alessia Selmin, ha deciso così di progettare un’innovativa vasca per il parto in acqua in grado di ridurre tutti i possibili pericoli e permettere così, in futuro, ad un numero sempre maggiore di persone di poter adoperare questa pratica.
Alessia, spinta dall’enorme passione per il suo lavoro, ha realizzato il suo primo prototipo, Alexia, e adesso è alla ricerca di un’azienda ospedaliera intenzionata a finanziare il suo progetto.
Abbiamo avuto la possibilità di parlare con lei per farci raccontare nel dettaglio la sua avventura nella realizzazione della propria idea.
Com’è nata l’idea di creare Alexia, questa innovativa vasca per il parto in acqua?
“L’idea è nata grazie alla pratica di ogni giorno. All’epoca mi ero appena laureata in ostetricia e lavoravo già da sei mesi. Ho così potuto notare, in prima persona, che le donne che decidevano di praticare il parto in acqua avevano benefici maggiori rispetto a quelle che adoperavano la tecnica tradizionale. Nel 2011 in una notte di fine estate ho letteralmente sognato questa vasca. Il mattino seguente ho subito iniziato a fare ricerche e disegni del prototipo. Per un po’ è rimasto più un sogno che un progetto. Solamente quando ho iniziato a confrontarmi con i miei colleghi ho capito, anche grazie al loro aiuto, che non era per niente una brutta idea e da lì è iniziata la mia avventura.”
Quali sono le caratteristiche particolari di Alexia che la distinguono dalle altre vasche?
“Nei vari convegni a cui ho presenziato è emerso che più del 95% del personale medico competente ha una percezione di queste vasche come macchinari non sicuri. Per questo motivo ho deciso che la mia vasca, Alexia, deve avere le seguenti caratteristiche. Prima di tutto deve essere profonda abbastanza da poter immergere completamente la donna incinta e tenerla in posizione eretta. Molte vasche infatti non permettono l’immersione completa della pancia e questo comporta una minore azione del principio di Archimede e minor spinta idrostatica, fattori che aiutano il travaglio. Un’altra caratteristica che presenta Alexia è il doppio fondo sollevabile così che in caso di emergenza io possa intervenire tempestivamente e la vasca si trasforma in un lettino da parto. La donna incinta può essere facilmente assistita senza che ci sia il bisogno di sollevarla e staccarla dal bambino come richiedevano le pratiche precedenti.”
Hai incontrato difficoltà nella realizzazione di questo progetto?
“Allora, ottenere il mio primo brevetto non è stato estremamente difficile, solo tante questioni burocratiche. Le fasi successive, invece, sono risultate assai complicate, specialmente per quanto riguarda la realizzazione del primo prototipo e la ricerca dei primi finanziamenti. Innanzitutto perché avevo solamente 22 anni e poi perchè ero un’ostetrica alle prime armi. Ho bussato a molte porte e ho dovuto scontrarmi contro questi miei limiti fino a quando non ho incontrato un primo finanziatore che era disposto a realizzare il mio prototipo. L’imprenditore Aldino Colbachini, che guida la IVG Colbachini Spa , fin dalle prime riunioni mi ha messo a disposizione questa equipe di periti tecnici e ingegneri che mi hanno aiutato nella realizzazione di Alexia.”
Come mai in Italia non è molto diffusa la pratica del parto in acqua rispetto per esempio ai paesi anglosassoni?
“Nei miei studi ho potuto prendere in esame anche panorami completamente diversi dal nostro scoprendo così che nei paesi del Nord Europa come per esempio la Gran Bretagna ci sia una realtà molto più radicata rispetto che da noi. Nella realizzazione della mia vasca mi sono appunto scontrata in una realtà contrastante da una parte c’è appunto la letteratura scientifica che raccomanda la pratica del parto in acqua per via dei numerosi benefici e dall’altra parte invece c’è la realtà italiana. Nel nostro paese questa alternativa non è molto diffusa: non perché non sia sicura, ma perché ci sono numerosi limiti che ne bloccano l’utilizzo. L’immersione in acqua richiede molta disponibilità in ambito ostetrico che non è possibile soddisfare a causa dei numerosi tagli del personale da parte degli ospedali. Inoltre la realtà italiana registra un altissimo tasso di denunce in sala parto. Per questi motivi in Italia si preferisce ancora adesso la pratica tradizionale nonostante emerga dai blog che sempre più donne si stanno informando riguardo al parto in acqua.”
Pensi che grazie alla realizzazione di Alexia sempre più ginecologi e donne decideranno di effettuare questa pratica?
“Come ho già detto prima, dai blog e dalle community su Internet si denota che sempre più donne si stiano informando riguardo ai benefici di questa pratica. Questa vasca ha l’obiettivo di creare una vera e propria cultura attorno al parto in acqua cercando di dimostrare che tutte le paure siano infondate, come dimostrano i recenti articoli. Inoltre penso che si dovrebbe sviluppare una maggior competenza da parte del personale in sala. Secondo me infatti, Alexia potrebbe essere il giusto strumento per risolvere tutti questi problemi. Inoltre, l’utilizzo di questa vasca da parte degli ospedali, oltre a far risparmiare loro molti soldi, mostra anche una maggiore attenzione al benessere e alla salute della donna.”
Hai già potuto usufruire di questa innovativa vasca?
“Purtroppo non ancora, per poterla utilizzare ho bisogno di una semplice marcatura CEE. Alexia, essendo un dispositivo medico di tipo 1, non necessita di una sperimentazione clinica, ma appena ottenuto il marchio CEE sarà possibile installarlo negli ospedali. Per poter ricevere questa marcatura deve affrontare una serie di test che assicurino solamente la sicurezza. In questo periodo mi sto mobilitando per procurarmi l’autocertificazione medica necessaria.”
Quali sono i tuoi obiettivi futuri?
“Il mio obiettivo principale nel futuro è appunto quello di trovare un ospedale disposto a finanziare realmente questo progetto e investire nel benessere delle donne. Non è facile trovarlo specialmente perché pochi sono i primari che hanno intenzione di investire nel settore ostetrico.”