Il suo caschetto è un marchio di fabbrica. Famosa per andare in giro senza borsa e con un immancabile cappuccino di Starbucks. È facile incontrarla con un paio di occhiali da sole scuri anche negli spazi interni, per proteggere gli stilisti dalle occhiatacce. Il ticchettio dei suoi tacchi risponde esclusivamente a un modello specifico del maestro Manolo Blahnik, che si assicura di recapitarle l’ultima uscita adatta alla stagione. Ogni suo parere diventa legge in fatto di moda, capace di trasformare uno stilista emergente nel nuovo Valentino.
Esatto, oggi si parla di Anna Wintour.
Le origini del mito
Fin dai primi anni della sua infanzia viene inserita nel mondo giornalistico grazie a suo padre, Charles Wintour, direttore del quotidiano britannico London Evening Standard. Capisce da subito che il giornalismo può essere la sua strada, ma declinato sulla sua vera vocazione: la moda.
Gli anni Sessanta sono di grande ispirazione per la giovane Wintour. La Londra di quel periodo è il teatro di una rivoluzione culturale e stilistica, la cosiddetta Swinging London. L’ottimismo e l’edonismo sfrenato si riflettono nelle abitudini di consumo dei britannici. Sono gli anni degli Who, dei Beatles e dei Rolling Stones. Nella moda si distinguono nomi come Mary Quant, stilista di successo e inventrice della minigonna.
È in questo fermento culturale che si delineano i tratti di una personalità intrigante e temibile che abbiamo imparato a conoscere col tempo. Una donna fedele ai suoi rituali, inflessibile sugli standard di qualità, estremamente critica verso tutti. I presupposti per il suo futuro soprannome ci sono tutti: la donna-drago.
Il decennio successivo vede la nascita del mito di Anna Wintour come lo conosciamo oggi. La sua carriera inizia nella rivista inglese Harper’s and Queen. Successivamente approda a New York, metropoli e capitale dell’editoria e della moda. Inizia, così a lavorare come assistente editoriale e fashion editor di riviste importanti come Harper’s Bazaar e Viva. La Wintour, allora poco più che trentenne, ha già le idee molto chiare e visionarie per l’epoca. La sua personale opinione sull’editoria di moda è a volte poco apprezzata o forse incompresa dai suoi superiori.
Gli anni Ottanta: tra carriera e famiglia
Gli anni Ottanta vedono, tra le altre cose, le nozze tra l’astro nascente dell’editoria di moda e lo psichiatra infantile David Shaffer, dal quale divorzia nel 1999, dopo aver dato alla luce due figli. Come si può facilmente immaginare, le gravidanze non hanno costituito un ostacolo allo sviluppo della carriera né alla sua passione per la moda. I mini abiti della celebre maison Chanel e le gonne sartoriali sono stati prontamente riadattati alle nuove forme del corpicino della Wintour.
Le iniziali difficoltà d’inserimento sono decisive per il suo trasferimento dalla Grande Mela: torna a Londra nel 1985 per dirigere la sezione britannica di Vogue, celebre testata di moda. Il suo lavoro è passato alla storia per la rivoluzione apportata nella redazione e per aver accentrato il potere nelle sue mani.
Ci vogliono ancora alcuni anni prima che il personaggio mitologico prenda le forme definitive che conosciamo oggi. Gira tra un paio di riviste, tra cui la newyorkese House&Garden, nella quale inserisce un tocco pop alla testa di interior design attraverso numerose collaborazioni con le celebrità del momento. Anche qui la sua direzione visionaria incontra lo scontento della redazione e dei lettori fedeli alla tradizione.
Strike a pose
Arriva così la svolta. È il 1988, Anna Wintour ha 39 anni e firma il contratto della sua vita. Diventa ufficialmente la direttrice di Vogue America, la testata che detta legge in fatto di moda e bellezza a livello mondiale. La sua missione iniziale è surclassare il magazine concorrente Elle America. Come? Nell’unico modo in cui Anna Wintour ha imparato a imporre la sua visione editoriale: rivoluzionare estetica, stile e, quindi, le vendite.
Il primo numero pubblicato sotto la sua sapiente direzione è uno choc per il mercato: la modella in copertina è immortalata a figura intera per le strade di New York. Gli standard della rivista e della moda in generale subiscono un brusco cambiamento: la scelta si rivela vincente e moderna, quello che serve a un Vogue soffocato dal successo dei suoi concorrenti. I risultati positivi arrivano principalmente per un motivo: la ragazza di copertina indossa un semplice jeans e una maglia gioiello, ha poco trucco e sfoggia un sorriso smagliante. Grazie a una fotografia apparentemente spontanea, la moda e lo stile non appartengono più a una ristretta elite di persone, ma diventano un mezzo di espressione democratico.
Nel corso degli anni, Vogue e Anna Wintour s’impongono sul mercato come unica fonte autorevole delle tendenze anche grazie agli interventi di celebrità importanti e ai servizi fotografici di artisti del calibro di Mario Testino.
Il Diavolo veste Prada
Approdiamo al nuovo secolo. Girano numerose leggende metropolitane sulla direttrice inflessibile di Vogue America, i cui standard di bellezza sono pressoché irraggiungibili. Anna Wintour è una figura mitologica, al punto da ispirare la creazione di un romanzo e di un film di successo.
La sua ex-assistente, Lauren Weisberger, dopo aver firmato un contratto con la rivista Departures, scrive e dirige la pellicola “Il diavolo veste Prada” nel 2003. Nonostante l’autrice lo neghi, le vicende raccontate nel libro, da cui prende spunto il film, sono ispirate ad Anna Wintour e ad altre esperienze lavorative esterne alla redazione di Vogue America. A tal proposito, la direttrice si pronuncia molto positiva:
Anche il film, interpretato da un’affascinante Meryl Streep e una giovane Anne Hathaway, ha sollevato un polverone circa un ipotetico boicottaggio da parte della Wintour, prontamente sventato dalla dichiarazione di un portavoce:
È sotto i riflettori anche per il celebre documentario “The Semptember Issue”, (lett. Il numero di settembre, ndr), uscito negli Stati Uniti nel 2009. Il titolo prende ispirazione dal numero più importante dell’anno editoriale, che richiede fino a otto mesi di lavoro al fianco di una figura, come afferma l’ex direttrice della Maison Gucci Frida Giannini, “glaciale e impenetrabile”.
Il lavoro del regista R. J. Cutler non è solo preciso e fedele, ma è anche una prova di quanto le vicende romanzate de “Il diavolo veste Prada” siano più vicine alla realtà di quanto si pensi.
Come si può vedere nelle sue pagine patinate, la pubblicità e il successo sono riservati quasi esclusivamente a stilisti britannici e americani. Per quanto possa sembrare legittimo, questa sua tendenza costituisce l’ennesimo attacco alla Wintour. Tuttavia, il suo alter ego nostrano, l’ex direttrice dell’edizione italiana recentemente scomparsa Franca Sozzani, la difende:
Successivamente, nel 2013, arriva un’ulteriore conferma della stima e del rispetto di Condé Nast, casa editrice che gestisce Vogue e altri periodici a livello mondiale: l’Amministratore Delegato Chuck Townsend le affida la direzione artistica dell’intero gruppo editoriale.
Anna Wintour, un carattere poliedrico e sensibile
L’anno successivo, il museo newyorkese Metropolitan Museum of Art le dedica un’intera ala per le esposizioni del Museo della Moda, l’Anna Wintour Costume Center.
Durante la cerimonia di inaugurazione, l’ex First Lady Michelle Obama tiene un discorso in onore della direttrice più famosa del mondo:
Filantropa e donna in carriera, madre amorevole e capo autoritario, Anna Wintour ha una personalità quasi impossibile da cogliere in ogni sua sfaccettatura. Forse è questa la ragione che ha spinto così tanti artisti a produrre interviste, corti, film, libri e documentari sulla sua figura. Nel 2015 anche Condé Nast ha realizzato una video intervista nella quale la direttrice svela addirittura 73 curiosità sulla sua vita.
Tra le più sconcertanti:
- La sua sveglia: alle 5 in punto. Come molti uomini d’affari, anche lei ha necessità di sfruttare ogni minuto disponibile della giornata per rendere il suo lavoro ineccepibile.
- Presenzia alle sfilate e alle feste al massimo per 15 minuti, esclusivamente se li ritiene all’altezza del suo intervento. Tutti gli stilisti se la contendono per le sfilate durante la Settimana della Moda, ma lei ha la tendenza a farsi desiderare dalla maggior parte di loro.
- Prova un forte sentimento di avversione verso le persone sovrappeso, non tanto per il rispetto dei canoni di moda, quanto per difendere le sue modelle giudicate eccessivamente magre. La leggenda vuole che abbia spinto la conduttrice statunitense Oprah Winfrey a perdere venti chili prima di posare per una copertina di Vogue per lanciare un forte messaggio nei confronti della piaga sociale americana dell’obesità.
Questi sono solo alcuni esempi, ma si potrebbe continuare all’infinito e rimarrebbero comunque molti lati oscuri.
Chi c’è dietro quel caschetto iconico?
Terminati i passi fondamentali per la sua carriera, è doveroso lasciare uno spazio alla donna, alla Anna Wintour lontana dalla scrivania di Vogue.
Dalla video-intervista di Condé Nast emerge anche una forte passione di Anna Wintour per la lettura e il cinema: fan sfegatata del capolavoro di Jane Austen “Orgoglio e Pregiudizio”, è fermamente convinta che l’attore più talentuoso del momento sia Hugh Jackman, famoso per il suo ruolo di Wolverine.
Così, tra una lettura e un film al cinema, approdiamo allo scorso 2016. Un anno fondamentale per l’America, che saluta il suo amato Barack Obama dopo otto anni di Presidenza e si prepara a una battaglia all’ultimo voto.
Il potere si contende tra un imprenditore conservatore e prepotente, Donald Trump, e la promettente candidata progressista Hillary Clinton. L’influente Wintour, donna forte e potente, si schiera apertamente in favore dell’ex First Lady per sponsorizzare la sua candidatura e muovere la folla a compiere un passo nella storia degli Stati Uniti d’America, con il primo presidente donna.
Il popolo, tuttavia, sceglie l’imprenditore populista come suo 45esimo Presidente e Melania Trump quale erede di Michelle Obama. A questo punto gli occhi sono puntati su Anna Wintour con una domanda da un milione di dollari: “Come si comporterà Vogue nei confronti della nuova First Lady?”
La risposta pacata e lapidaria arriva dalla stessa sostenitrice della Clinton:
E aggiunge che il preoccupante clima politico si riversa inevitabilmente sul lavoro artistico degli stilisti, i quali possono trarre un’incredibile ispirazione dallo scenario attuale.
Le sue previsioni si sono rivelate corrette: il mese di febbraio si caratterizza per la Settimana della Moda nelle principali capitali, New York, Milano e Parigi. Di fronte a un mondo sempre più classista e razzista, la moda ha saputo reagire e comunicare un messaggio forte attraverso le splendide creazioni delle maison.
Con grande piacere Anna Wintour ha partecipato agli eventi newyorkesi e ha commentato:
Si dice che sia un piatto da servire freddo, ma certamente Anna Wintour sa come rendere l’attesa terribile per i nemici del mondo libero e globalizzato. In questo momento, la sua severità e la sua sottile capacità di influenzare i comportamenti delle persone sono le armi migliori contro una classe dirigente che intende governare senza prestare attenzione al contesto circostante.
Nel frattempo che attendiamo passare la portata della vendetta, c’è un’ultima missione che nemmeno Condé Nast è riuscita a portare a termine: ottenere un selfie di Anna Wintour. La casa editrice è stata rifiutata con una risposta immediata: