Il ciclone Trump fa ancora parlare di sé. I suoi modi sono molto lontani dalle convenzioni sociali e i protocolli gli vanno piuttosto stretti, ma questo già si sapeva.
Il fatto più sorprendente è la sua capacità di rivoluzionare l’intricato sistema diplomatico in un battito di ciglia alle spalle della Casa Bianca, che si è dichiarata estranea ai fatti.
Dal suo aereo privato e nella comodità delle poltrone di velluto rosso, Trump allunga le gambe sul tavolino durante le telefonate ai leader mondiali. Lo scompiglio e i malumori dei diplomatici non hanno tardato a manifestarsi, specie dopo i complimenti ai più grandi despoti contemporanei.
Settimana scorsa la chiamata a Tsai Ing-wen, presidentessa di Taiwan. La telefonata ha trasgredito al cerimoniale in vigore dal 1979 che dà alla Cina il primato sui canali diplomatici. Ma non si tratta di semplice anticonformismo, la posta in gioco è alta: i rapporti con la Cina si fanno sempre più tesi. Pechino considera Taiwan una sua provincia, nonostante abbia il suo governo democratico separato, mentre la Repubblica della Cina ha una visione un po’ più ampia sulle relazioni internazionali.
Il Presidente del mondo libero aspira a rafforzare le interazioni così come intende creare una cooperazione tra gli USA e Taiwan. La Cina ha reagito tempestivamente: “È stato solo un piccolo tiro mancino da Taiwan”, sottolineando l’inesperienza negli affari esteri del Presidente Trump. Inoltre, dichiara in toni speranzosi quanto minacciosi che questo fatto non deve interferire o danneggiare la policy One China.
Per tutta risposta, il neoeletto Presidente ha twittato un’accusa contro la Cina per la manipolazione della valuta e il riarmo nel Mare cinese meridionale, scatenando la stampa orientale:
Peccato che il principio One China non sia in vendita.
In seguito al riallineamento tra Cina e Filippine, Trump non ha esitato a chiamare il suo famoso sanguinario e scurrile Presidente Rodrigo Duterte. Celebre per aver insultato Barack Obama, ha anche minacciato l’attuale Presidente di stringere degli patti con la Russia, una nazione che l’America sta cercando di ingraziarsi. Durante la conversazione, si sono spese parole di elogio e compassione per la politica del Presidente filippino, conosciuto per le numerose violazioni dei diritti umani e gli omicidi extragiudiziali.
Dai complimenti agli inviti il passo è breve: Trump non ha mancato di fare gli onori di casa, invitando Duterte per un caffè sul suolo americano e scambiarsi consigli per risolvere i grattacapi che affliggono uno sul fronte messicano e l’altro nelle Filippine. Con questi presupposti non ci si può aspettare niente di buono. Infatti, il bello arriva con Pakistan e Kazakhstan.
Il colloquio con il Primo Ministro pakistano ha sollevato il polverone più grande a causa delle questioni in sospeso tra le due nazioni, un ventaglio che va dalla lotta al terrorismo al nucleare. Per capire la portata del danno, si può ascoltare l’ex ambasciatore pakistano Husain Haqqani:
E la contraddizione è il pane quotidiano per Trump: i sentimenti di stima e rispetto per il popolo pakistano hanno lasciato tutti sbigottiti, dopo una campagna elettorale irremovibile sulla costruzione di barriere per evitare che potenziali terroristi musulmani entrassero sul suolo americano.
L’eccessiva piaggeria dimostrata ha insospettito soprattutto l’India, che sta affrontando numerose tensioni con la nazione di Nawaz Sharif. Alyssa Ayres, un membro del Consiglio per le Relazioni Internazionali, è convinta che le chiamate diplomatiche di Trump non siano coordinate con le decisioni del Dipartimento di Stato, ma siano dettate più che altro dalla sua esperienza negli affari e nella TV, dove ruffianeria ed elogi sono sfoderati all’occorrenza.
Tuttavia, Trump deve fare i conti con la diplomazia, nella quale discrezione e strategia sono i mantra. Telefonate smodatamente dettagliate rischiano di creare incidenti diplomatici e dimostrano un’arrogante ingenuità non proprio adatta al Presidente degli Stati Uniti.
Argomenti simili sono stati trattati con il Presidente del Kazakistan, Nursultan Nazarbayev. L’intento di creare una relazione amichevole tra le due nazioni è sfociato nel progetto di stringere partnership economiche e commerciali, che verrà discusso più nel dettaglio durante l’incontro vis-à-vis tra i due leader. Trump si è assicurato di complimentarsi anche con il despota kazako per aver compiuto un vero e proprio miracolo dall’Indipendenza dello Stato dall’Unione Sovietica (1990). Miracoli e successi conquistati a prezzo di censure, autoritarismi ed elezioni truccate. Trump ha, inoltre, dimostrato la sua solidarietà con Nazarbayev per aver abbandonato l’arsenale nucleare ereditato dai Sovietici: “Non c’è problema più urgente del disarmo nucleare”.
Infine, il telefono squilla anche in Inghilterra e Giappone. Per il Regno Unito, il Presidente americano ha consigliato al Primo Ministro Theresa May di nominare ambasciatore inglese a Washington il leader anti immigrazione Nigel Farage. Ennesima violazione del protocollo, ma a questo punto c’è da chiedersi se ci sia un limite al peggio.
L’incontro con il Primo Ministro del Paese del Sol Levante, Trump ha deliberatamente ignorato il protocollo, invitando nella stanza solo un altro Americano, sua figlia Ivanka, e prescidendo dagli usuali argomenti di conversazione approvati dal Dipartimento di Stato.
A questo punto è difficile etichettare questi avvenimenti come inesperienza. La campagna elettorale l’abbiamo seguita tutti, sappiamo perfettamente come si atteggia il nuovo Presidente. Ai diplomatici l’ardua sentenza.