I giganti del digitale fanno fronte comune contro il terrorismo online.
A un anno dalla coalizione contro la pedopornografia, Facebook, Twitter, Google e Microsoft si uniscono di nuovo per creare un database condiviso. Tracciare ed eliminare qualsiasi immagine o video di stampo terrorista è la nuova missione del social. Le mosse sono quelle imparate in Gran Bretagna alla Internet Watch Foundation non più di un anno fa: da un lato i social network con le loro rigide politiche di condivisione e pubblicazione; dall’altro Google allo scanner degli account Gmail. La new entry si chiama hash, un identificatore digitale univoco che permetta una rapida ed efficiente identificazione di questi contenuti.
A prima vista sembra siamo giunti a una svolta, il classico colpo di scena che stravolge il film e ti fa fare un sospiro di sollievo. Nella conferenza stampa congiunta sono stati irremovibili:
Soprattutto dopo gli attacchi di quest’anno per essere stati poco influenti nella lotta alla propaganda terroristica, dichiarano: “Continuiamo ad applicare le nostre rigide politiche per porre un freno all’urgenza globale del terrorismo online”. Se aggiungiamo le pressioni dell’UE per la scarsa tempestività dei social nella rimozione dei post propagandisti, non possiamo stupirci dell’accordo firmato il 31 Marzo per la cancellazione dei contenuti illegali entro le ventiquattro ore dalla loro pubblicazione.
Tuttavia, è una collaborazione molto prudente, soprattutto con gli istituti governativi. Infatti, l’accordo prevede che il database non accetti hash provenienti dai governi o per imposizione di legge e che le amministrazioni inviino richieste formali per ottenere qualsiasi tipo di informazione contenuta in esso. Le piattaforme stanno sempre sull’attenti affinché non emergano prime donne. Ogni compagnia conserva la totale discrezione nella verifica dell’effettiva violazione delle condizioni di servizio. Continueranno ad applicare le proprie pratiche interne di trasparenza e revisione per qualsiasi richiesta governativa, così come si riserva il diritto di ricorrere al proprio processo di appello in caso di rimostranze.
Facebook, inoltre, manterrà la proprietà del database, mentre le società coinvolte nel progetto avranno la possibilità di accedervi e dare il loro contributo. Twitter ha dichiarato, invece, di aver sospeso più di 360 mila account da metà 2015 per promozione del terrorismo. A maggio Microsoft ha vietato il contenuto terroristico e ha dichiarato, infine, di voler trovare nuovi modi per allertare gli utenti di eventuali informazioni che possano causare loro danni significativi, come ha segnalato il suo motore di ricerca Bing.
È obbligatorio spezzare una lancia a favore della prudenza dei grandi colossi. I confini entro i quali possono muoversi sono molto infidi: si parla di libertà di espressione, di diritti inviolabili dell’uomo e di legge sulla privacy. Le piattaforme più celebri del Web intendono garantire la totale sicurezza e libertà di espressione e condivisione dei contenuti, nonché la protezione della vita privata degli utenti come da contratto.
Vedremo cosa succederà, ma lo spiraglio di luce è stato trovato. Ora bisogna solo allargare la crepa per fare entrare il sole.