Perché nell’industria farmaceutica avvengono così tante fusioni e acquisizioni?
Una delle ragioni principali è che lo sviluppo di nuovi medicinali è un’attività ad alto rischio: la maggior parte dei farmaci, infatti, non riescono nemmeno ad approdare sul mercato, e se lo fanno, difficilmente portano ad un recupero degli investimenti necessari al loro stesso sviluppo. Ed è proprio per questo che un’impresa con pochi prodotti in laboratorio non può far altro che acquisire un’altra azienda. È così che hanno fatto le più grandi case farmaceutiche al mondo come Pfizer, Merck e GlaxoSmithKline (GSK).
A dispetto di ciò però, la natura delle operazioni straordinarie concluse da questo tipo di aziende è mutata nel corso del tempo. Se inizialmente la ratio era l’ingrandimento aziendale e l’ampliamento del portafoglio di medicinali, adesso sembra prevalere il focus sul core business. E questa sembra essere una scelta vincente.
Infatti, secondo un recente studio di Bain & Company – una società di consulenza – l’evidenza pratica è che le dieci società farmaceutiche che negli ultimi vent’anni hanno avuto maggior successo in termini di guadagno degli azionisti hanno tutte, in vario modo, fatto ricorso a fusioni e acquisizioni per rafforzare determinate aeree di expertise. Guardando poi alla recente ondata di M&A (“merger & acquisition”, letteralmente “fusioni & acquisizioni”) che ha seguito la grande crisi finanziaria, questo trend sembra ancora più chiaro (vedi Figura 1)