Che Papa Bergoglio non avesse mai simpatizzato per il capitalismo di stampo nord americano non può di certo costituire elemento di sorpresa. Ma che, con le sue ultime gesta, stia effettivamente riabilitando la Teologia della Liberazione – movimento ideologico emerso in America latina durante gli anni ’70 nel tentativo di coniugare i predicamenti del cattolicesimo con il socialismo rivoluzionario, noto, tra i suoi detrattori, come “Marxismo Cristianizzato” – è tutto da dimostrare. Due sono i recenti avvenimenti che hanno indotto il pubblico a trarre questa controversa, quanto affrettata, conclusione.
Il primo si è verificato lo scorso lunedì quando, di ritorno da una visita in Corea del Sud, il pontefice aveva confermato ai giornalisti l’inesistenza di “problemi dottrinali” per la beatificazione di Oscar Romero – l’arcivescovo di San Salvador, divenuto “martire della sinistra” dopo essere stato brutalmente assassinato nel 1980, durante la celebrazione della messa, da un sicario assoldato dal partito nazionalista conservatore ARENA. “Un uomo di Dio”, come vi si riferisce Papa Francesco, il cui processo di elevazione al rango di “beato” era stato sin ora burocraticamente bloccato dalla Chiesa Cattolica a causa delle sue presunte inclinazioni marxiste.