Paura e Populismo: il 2017 Dipende dalle Prossime Elezioni

Il 2016 è agli sgoccioli e, dopo un anno di risposte sconvolgenti pervenute dalle cabine elettorali di mezzo mondo, siamo pronti ad accogliere un 2017 che, per molti versi, potrebbe rivelarsi altrettanto incerto.

La prova del nove si giocherà, ancora una volta, con il voto. Il primo step è atteso per marzo, con le elezioni nei Paesi Bassi, poi Francia in primavera e Germania in autunno. Ciò che spaventa si racchiude nei sentimenti anti-europeisti e anti-immigrazione che stanno nascendo in questi Paesi. L’unica speranza di vedere frontiere aperte e un’Europa più unita è nelle mani di quei politici ancora lungimiranti, che credono nel progetto di un mondo globalizzato e di un’Europa coesa.

Il 2017 metterà, quindi, in discussione numerose questioni sollevate negli ultimi 365 giorni dal populismo dilagante. Perciò, le imminenti elezioni sono il banco di prova della forza di questi ideali nelle nazioni chiave per l’Unione Europea, soprattutto in Francia.

L’importanza delle prossime elezioni

Le ragioni che hanno portato il populismo nella patria dell’uguaglianza e della fratellanza si basano su un sentimento irrazionale, la paura. Paura del declino sociale, economico e, soprattutto, culturale. Come sostiene Olivier Costa, esperto in politiche Europee al National Centre of Scientific Research:

La risposta all’ascesa del populismo francese risponde al nome di Marine Le Pen (Front National), ormai sulla cresta dell’onda e con tutte le carte in regola per vincere. “La motivazione principale è sempre l’immigrazione – sostiene il sondaggista Jerome Fourquet – Trent’anni fa i flussi migratori erano una questione economica e lavorativa, oggi gli elettori difendono a spada tratta l’identità nazionale”.

La Francia per i Francesi” è il messaggio anti-globalizzazione lanciato con forza da Marine Le Pen, che si presenta alla elezioni con proposte forti: alzare le barriere contro gli immigrati, far uscire la Francia dall’UE, dalla NATO e stringere partnership strategiche con la Russia.

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Il programma elettorale dei Paesi Bassi è redatto da Geert Wilders, Presidente del partito nazionalista di estrema destra Party for Freedom. Promette di de-islamizzare la nazione, bandire il Corano perché in conflitto con le leggi del Paese, oltre che limitare l’immigrazione specialmente per i cittadini non occidentali.

Parallelamente, in Germania si gioca una partita fondamentale per il futuro del partito populista Alternative for Germany (AfD). La sua campagna elettorale fa leva sui recenti attacchi terroristici sfruttando la frustrazione dei tedeschi in materia di terrorismo e immigrazione. L’efficacia di questo programma elettorale si misurerà alle elezioni del 15 marzo ma, a giudicare dalle pressioni imposte al Cancelliere Angela Merkel sulle politiche migratorie, il populismo potrebbe essere l’alternativa preferita dai tedeschi.

È d’obbligo parlare al condizionale perché non c’è niente di certo. Le previsioni vanno prese con le pinze, visti i recenti fallimenti sull’esito della Brexit e delle elezioni di Trump. Tuttavia, si possono fare delle considerazioni sul destino dei candidati populisti.

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Marine Le Pen potrebbe ripercorrere i passi del padre, arrivando al ballottaggio senza successo dal momento che l’elettorato dominante si coalizzerebbe contro l’estrema destra. Wilders è legato al partito conservatore del Primo Ministro Mark Rutte e ha discrete possibilità di conquistare la maggioranza dei seggi al Parlamento tedesco. Ciononostante, la maggioranza conquistata potrebbe non essere sufficiente: a quel punto, formare una coalizione con un partito dominante è l’unica strada verso il potere. Peccato che tutti i politici influenti abbiano rifiutato l’idea di inserirsi nel Governo al suo fianco. Perciò Angela Merkel è ancora la scelta migliore, nonostante i suoi problemi politici.

Le conseguenze della possibile sconfitta del populismo

I sospiri di sollievo sono da rimandare a tempi più rosei. La possibile sconfitta del populismo alle elezioni non è il segnale di un’Europa unita, aperta e pro-globalizzazione. Al contrario, l’UE deve fronteggiare le numerose pressioni politiche invece di trovare una soluzione comune ai problemi economico-sociali e affrontare la politica estera come una realtà coesa.

Perciò, anche se il populismo non salisse al potere, potrebbe avere più alleati di quanto si possa immaginare: i media, la Russia, il conflitto in Medio-Oriente, le negoziazioni della Brexit e la disastrosa situazione finanziaria greca e italiana.

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Sono tutti elementi che danno man forte agli ideali di estrema destra e rendono difficile contraddire la paura per tutto ciò che significa globalizzazione: apertura, unione, libertà, pericolo per le identità nazionali. Inoltre, la crescente disoccupazione giovanile e la crisi finanziaria hanno sovvertito la comunità europea, e la burocrazia di Bruxelles sta pensando a dare il colpo di grazia alle nazioni che stanno tentando di rimettersi in piedi.

Si è venuta a creare una situazione controversa all’interno dell’Unione Europea. Da un lato, non c’è il desiderio di abbattere l’UE e, dall’altro, come sostiene Caroline de Gruyter (corrispondente degli affari europei per la rivista tedesca NRC Handelsblad),

In definitiva, il 2017 si aprirà con la paura per il futuro incerto di mercati e istituzioni. Ma la paura non è mai buona consigliera: sarebbe opportuno ricordarsi le radici della società attuale: liberté, egalité e fraternité.