Siamo agli sgoccioli, la fine dell’anno ormai è alle porte e le considerazioni sull’andamento e sul rendimento delle aziende sono d’obbligo. Oggi ci occuperemo di una società che è stata protagonista di una serie di episodi che hanno scosso l’opinione pubblica, rendendone a tratti instabile o perlomeno precario il successo: Uber.
Chiaramente la storia della multinazionale non può essere riassunta e ristretta unicamente ad un’analisi del 2017, il progetto è infatti nato nell’ormai lontano 2008, a partire da un’idea di Travis Kalanick e Garrett Camp. Il servizio proposto consente, attraverso un’applicazione, di mettere in relazione autisti e passeggeri, tentando di migliorare, come si legge sul sito stesso della piattaforma, il modo per andare da A a B.
Non sorprende dunque, come fin dal principio, tale attività abbia suscitato aspre critiche, soprattutto dalla categoria dei tassisti che hanno dovuto accettare un nuovo competitor, che di fatto non era sottoposto a rispettare determinate regole.
Nonostante l’applicazione di diversi veti e sentenze, la diffusione del servizio è divenuta capillare, tanto che Uber è presente in più di 507 città e ha raccolto 11,562,450,000 dollari di finanziamento diventando di fatto la startup più redditizia degli Stati Uniti, con una quotazione pari a 68 miliardi di dollari (come riporta Business Insider UK).