E ora Anche l’Alaska Tornerà Russa?

Bizzarre, eppure molto interessanti, le ragioni geopolitiche che si nascondono dietro un tale progetto autonomista. Pochi sanno, infatti, che nel 1867 l’Alaska era un territorio sotto il controllo degli zar: Alessandro II, vista la crisi nelle finanze del regno e l’oggettiva difficoltà nel controllare un’area così vasta, distante e variegata nelle etnie che seppur in numero esiguo la popolavano decise di procedere alla vendita agli Stati Uniti, ratificando un accordo col Senato americano, che approvò successivamente il pagamento di 7.200.000 dollari americani. Se dal lato russo l’impegno era rivolto a monetizzare il più possibile dall’accordo con Washington, gli americani si dimostrarono ben contenti di collaborare coi degni alleati durante la Guerra di Secessione, preferendo evitare un possibile rafforzamento della colonia britannica del Canada.

A voler esser realisti, è ben difficile che tale separazione possa mai andare in porto. Difficile è anche credere che gli USA si lascerebbero soffiare da sotto il naso (proprio dai russi, poi) le preziose risorse naturali celate nel sottosuolo dell’Alaska: petrolio greggio, gas naturale, carbone ma anche oro, metalli, minerali. Ancora più difficile è pensare di rivedere le scene vissute in Crimea dai militari negli avamposti circondati e sgomberati dai russi in seguito al referendum. Resta la curiosità, nel vedere che ne sarà di tale movimento indipendentista, tanto da noi lontano nel globo quanto da loro lontane le già flebili speranze che, semmai raggiunto il numero di firme necessario, un successivo referendum possa pervenire alla convalida della separazione.

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