Nel maggio del 1950, la Dichiarazione Schuman pose le basi per il superamento della rivalità tra Francia e Germania riguardo la produzione di carbone e acciaio, dando il via, con la creazione nell’anno seguente della CECA, alle prime forme di integrazione europea che si sono affinate e sviluppate nei decenni successivi. L’allora Ministro degli Esteri francese, da cui prende il nome l’intero discorso, è tuttora considerato, con Altiero Spinelli, Konrad Adenauer e Jean Monnet, uno dei padri fondatori dell’ Unione Europea. Un’ Unione imperniata sui principi di solidarietà e coesione.
Oggi, sessantacinque anni dopo, la realtà è ben diversa: l’UE, infatti, sta vivendo uno dei momenti più bui della sua storia. I problemi legati alla situazione economica della Grecia e alla consistenza e la gestione dei flussi migratori richiedono una risposta che le istituzioni europee faticano a trovare.
- ATENE – Tra l’entusiasmo generale, il 26 Gennaio 2015 Alexis Tsipras assume la carica di Primo Ministro della Grecia. Ben presto però molti punti cardine del suo programma, estremamente ambizioso e per certi versi poco credibile, si scontrano con la dura realtà dei disastrati conti ellenici: la dichiarata volontà di alzare il salario minimo da 500 a 750 euro, di elargire elettricità e trasporti gratuiti per le famiglie più bisognose, di garantire il reintegro della tredicesima per oltre un milioni di pensionati sotto la soglia dei 700 euro mensili e di offrire un’assistenza sanitaria gratuita per una larga fetta di disoccupati, sono misure che richiedono un sostanzioso incremento della spesa pubblica del tutto inconciliabile con i parametri del rapporto fra debito pubblico (e debito privato, quest’ ultimo aumentato proporzionalmente molto di più rispetto a quello pubblico) relazionati al PIL del paese. Settimane di estenuanti negoziati portati avanti dal Primo Ministro insieme all’eccentrico Ministro delle Finanze Yanis Varoufakis non sono bastati per evitare alla Grecia il pericolo di un default che mai come in questi giorni sembra essere tangibile.
I tempi per trovare una soluzione alla drammatica realtà finanziaria della Grecia sono strettissimi. L’Eurogruppo si è mostrato inflessibile e pretende che entro la notte del 30 Giugno da Atene si operi la restituzione al Fondo Monetario Internazionale del prestito da 1,6 miliardi di euro. Questa è la conditio sine qua non per sbloccare la tranche da 7,2 miliardi di euro, imprescindibile per il salvataggio economico del paese. Tsipras ha rilanciato proponendo un referendum popolare – misura accettata dal parlamento ellenico grazie anche ai voti del partito di estrema destra Alba Dorata – fissato per Domenica 5 Luglio, nel quale si chiederà al popolo greco di valutare le proposte dei creditori. Il leader di Syriza si è già abbondantemente sbilanciato chiedendo agli elettori di votare per il No, sebbene i primi sondaggi sembrerebbero dare per vincenti i Sì. Il timore del popolo greco è evidente e la corsa agli sportelli degli ultimi giorni ne è una ulteriore conferma (in 24 ore sono stati prelevati oltre 700 milioni di euro). Quella che stiamo vivendo sarà dunque una settimana decisiva che porterà a dei cambiamenti radicali non solo in Grecia ma in tutto il continente.
- IMMIGRAZIONE – La preoccupazione per le sorti della Grecia non è l’unico motivo di tensione e attrito per Bruxelles. La gestione dell’immigrazione è sempre stato un tema molto delicato ma che in questo particolare momento storico assume il ruolo di priorità, anche e soprattutto in previsione del fatto che i flussi migratori dalle zone di guerra e di povertà verso l’Europa sono destinati ad aumentare nel corso dei prossimi mesi. Lo scontro della scorsa settimana nel quale il Premier italiano Matteo Renzi ha ribadito come l’Europa non possa veramente ritenersi tale se non è in grado di cooperare nella gestione di quarantamila migranti e se non mostra alcun segnale di solidarietà tra popoli, evidenzia una volta di più la frattura che sta sorgendo tra i paesi del Vecchio Continente.
Le istituzioni europee sono dunque chiamate ad una svolta sia in campo economico che sociale: il sogno degli Stati Uniti d’Europa, coltivato per decenni, sta lasciando spazio ad egoismi e ad una frammentazione fra popoli che potrebbe portare a conseguenze drammatiche.