La Principale Fonte di Reddito dell’Isis? Il Contrabbando di Petrolio

A dorso di mulo oppure nascosto all’interno di camion o su zattere che discendono la corrente di un fiume. Sono le infinite vie adottate dai miliziani dell’Isis per contrabbandare petrolio, l’oro nero che, insieme al business degli ostaggi, è la principale fonte di reddito degli jihadisti. Secondo il sindaco di una città della provincia irachena di Diyala, lo Stato Islamico guadagna fino a 600.000 dollari al giorno con le esportazioni illegali di petrolio. “L’Isis – ha spiegato Oday al Khadran – riempie circa cento autobotti al giorno di greggio, che viene consegnato a commercianti senza scrupoli a Mosul o in Siria. Qui viene venduto a mediatori stranieri a circa 4.000 dollari per ogni autobotte, circa l’80 per cento in meno rispetto ai prezzi di mercato in Europa”.

L’attività di contrabbando dell’Is è ben organizzata e si articola in vari step. Il primo prevede l’estrazione dai pozzi del nord della Siria nella provincia di Dayr az-Zor, abbandonati nel 2011 da giganti come la francese Total e l’anglo olandese Shell. I dirigenti se ne sono andati ma tecnici e manodopera siriani sono rimasti a lavorare dentro i siti.

Petrolio Siria Iraq

Successivamente il greggio viene trasportato in impianti di fortuna nella provincia di Raqqa, dove viene raffinato. Il più grande si trova vicino alla città di Akrish. Il risultato è un combustibile di bassa qualità che viene venduto al mercato nero a prezzi contenuti, circa il 30% in meno rispetto a quelli ufficiali.

Una volta stoccato parte il terzo e ultimo step, il più insidioso, ovvero il trasporto del petrolio in territorio turco. “I militanti dell’Is – scrive il Wall Street Journal – utilizzano ogni stratagemma per far attraversare la frontiera al loro petrolio. Una delle soluzioni è legare le taniche sul dorso di cavalli o muli, che possono percorrere strade bianche, evitando così qualsiasi tipo di controllo delle guardie di frontiera turche. Ma il petrolio viene anche fatto viaggiare su delle zattere che seguono la corrente dell’Oriente, che dalla Siria attraversa la provincia turca di Hatay per poi sfociare nel Mediterraneo”.

Il deus ex machina delle operazioni di contrabbando è al-Hamoud Ali, noto anche con il nome di Abu Luqman, l’emiro del cosiddetto Stato Islamico a Raqqa. Lui e solo lui decide quanto i contrabbandieri devono pagare per il greggio e quando possono caricarlo sulle autobotti che lo porteranno poi fino ai villaggi siriani al confine. Il contrabbando va avanti sotto l’occhio compiaciuto delle autorità turche. Ma la comunità internazionale guidata da Obama ha deciso di chiudere i rubinetti che riempiono di soldi le tasche dell’Isis. E così ad Ankara è stata chiesta maggior cooperazione. Detto fatto. Secondo l’esercito turco, nelle ultime due settimane i militari hanno sequestrato 13.400 litri di combustibile al confine con la Siria.