“Welcome to the jungle/it gets worse here every day” (trad. “Benvenuti nella giungla, qui giorno dopo giorno va sempre peggio”, ndr), cantavano i Guns ‘N Roses nel 1987, nel secondo estratto del loro primo album “Appetite for Destruction”. Non ci sono parole migliori per descrivere quello che lentamente si staglia davanti ai nostri occhi. Passo dopo passo si ha la sensazione di abbandonare la Francia, per entrare in una terra di nessuno. Un posto dimenticato da tutti. Forse persino da Dio.
Non siamo da soli. Nonostante il silenzio assordante, davanti a noi dopo pochi metri appaiono alcuni ragazzi. Uno di loro guida una bici, l’altro trascina a fatica un barile blu. Ai lati della strada persone di ogni età, sesso e razza espletano quelle che sono le più comuni funzioni vitali. Così, tra chi si lava i denti e chi urina sotto un albero, arriviamo a quello che sembra essere un primo ingresso del campo.
Ad accoglierci è una costruzione in legno nascosta sotto un telo nero. Ci dicono che è la scuola. Nonostante siano le 10 del mattino, non c’è nessuno. All’esterno una tabella improvvisata segna il programma della settimana. All’interno montagne di fogli e penne ammassati su tavoli in plastica danno la sensazione di un posto abbandonato. Sul fondo della classe un mappamondo fa capolino sotto la finestra. E’ il simbolo di un sogno che fa a cazzotti con la realtà.
Ci spiegano che il campo è diviso in ghetti. Non per una questione discriminatoria, ma sociale. In una situazione del genere è normale circondarsi di persone che parlino la tua stessa lingua e abbiano le tue stesse usanze.
Il primo quartiere che incontriamo è quello sudanese. Nonostante il sole sia ormai alto nel cielo, sono poche le persone che incrociamo per le strade strette e fangose del campo. Quei pochi che sono svegli vagano apparentemente senza meta tra i fabbricati in legno, non disdegnando mai un sorriso se incrociano il tuo sguardo.
Tra biciclette arrugginite nascoste e tende abbandonate da chi nella notte ha tentato di scappare verso il porto, arriviamo alla chiesa cattolica del campo. Ci chiedono di non fotografare i volti dei credenti. La nostra attenzione viene rapita da due ragazzine che pregano davanti a un’effigie. Una, coperta con un velo in pile, prega con le braccia aperte a pochi centimetri dal telo raffigurante un uomo con una spada. L’altra, inginocchiata nel fango, bisbiglia una preghiera.