“Ttip”, La Polemica sulla Mancata Trasparenza dell’Accordo Usa-Eu

“Se la trasparenza conducesse ad una diffusa opposizione pubblica nei confronti di un accordo commerciale, allora tale accordo non dovrebbe essere la politica degli Stati Uniti.”

Questa la posizione di Elizabeth Warren, senatrice democratica dello stato del Massachusetts, che in una lettera indirizzata a Michael Froman, “l’uomo di Obama” alla guida del US Trade Representative’s office, esprime così la propria perplessità su uno degli accordi commerciali più grandi, e meno noti al pubblico, ad oggi in via di realizzazione: il Ttip.

La sigla si riferisce al “Transatlantic Trade and Investment Partnership”, un trattato di libero scambio stipulato tra Stati Uniti ed Unione Europea che prevede la creazione di una “free zone” di merci e servizi, non solo attraverso la rimozione dei dazi doganali, ma anche tramite il superamento delle cosiddette “barriere non tariffarie”, ossia delle divergenze strutturali caratterizzanti le normative vigenti sulle due sponde dell’Atlantico. L’accordo prevedrà, in sostanza, un’armonizzazione per interi settori economici, dalla sicurezza e la sanità, ai servizi pubblici, l’ agricoltura, l’energia e le materie prime.

L’istituzione di questa di fatto “Nato economica”, secondo il Centre for Economic Policy Research (CEPR), un centro studi indipendente con base a Londra a cui è stato affidata la redazione del report “a giustificazione economica del trattato”, comporterebbe una crescita stimata di 90 miliardi di euro per l’economia statunitense e di 120 miliardi, pari allo 0,5% del Pil, per quella europea. Cifre enormi, in parte già sgonfiate da Alan Winters, professore dell’Università di Sussex e collaboratore dello stesso CEPR, il quale considera più “plausibile” un incremento dello 0,025% del prodotto interno continentale.